di Gionata Chatillard
Non si placano le manifestazioni di protesta dell’opposizione georgiana contro la legge sugli agenti stranieri approvata questa settimana in via definitiva dal Parlamento. La misura, che obbligherà le organizzazioni che ricevono più del 20% dei loro finanziamenti dall’estero a iscriversi in un apposito registro, ha scatenato la dura reazione degli apparati filo-occidentali, che hanno portato in piazza folle oceaniche di manifestanti pronti a sventolare bandiere dell’Unione Europea, ma anche a scontrarsi con le forze dell’ordine. Le risse, d’altronde, non sono mancate neanche all’interno del Parlamento, in un escalation di violenza dagli esiti ancora incerti.
La novità di questa settimana è che in piazza, a protestare contro la legge sugli agenti stranieri… c’erano gli agenti stranieri stessi! Martedì scorso,in un clamoroso caso di ingerenza politica, i ministri degli Esteri di Lettonia, Estonia e Islanda hanno pensato bene di fare comunella con i manifestanti, lanciando messaggi contro il Governo di fronte alla sede istituzionale del Parlamento georgiano. L’accusa rivolta all’Esecutivo sarebbe quella di “aver voltato le spalle al percorso europeo” e di essersi schierato dalla parte di Mosca. Non a caso, per le ONG locali finanziate dall’Occidente, la legge sugli agenti stranieri non sarebbe altro che una copia di quella già in vigore in Russia da diversi anni.
Ciò che i manifestanti non dicono è che una norma di questo tipo è in vigore da tempo negli Stati Uniti, e pare essere già in cantiere anche a Bruxelles. La legge, d’altronde, ha l’obiettivo di salvaguardare la sovranità nazionale dalle ingerenze di paesi terzi, che -come spesso accade- utilizzano la leva dei diritti civili per destabilizzare i Governi non graditi e, se possibile, mettere in atto rivoluzioni colorate come quella che ha portato alla guerra in Ucraina. In Georgia, concretamente, si contano fino a 10.000 ONG, delle quali molte fungono da veri e propri rappresentanti degli interessi occidentali. Una quinta colonna finanziata dall’estero che ha come obiettivo quello di esternalizzare la politica del paese caucasico lasciandone le leve in mano ai soliti noti del potere globalista transnazionale.
Risulta poi difficile capire perché la legge in questione dovrebbe arrecare danno solo all’Occidente ma non alla Russia, dal momento che nel testo della stessa non si prevede nessuna clausola che escluda il paese di Vladimir Putin dall’adeguarsi alla norma. Chi denuncia che Tbilisi si sta avvicinando a Mosca riconosce quindi implicitamente che a finanziare le ONG presenti in Georgia sono soprattutto agenti stranieri a trazione anglo-americana. Il che non fa che confermare come il doppio standard rimanga uno dei fondamenti inscalfibili della politica estera occidentale.