di Gionata Chatillard
Sono ormai 8 mesi che lo Yemen presidia le acque del Mar Rosso e del Golfo di Aden per impedire il transito di navi commerciali e militari collegate in qualche modo a Israele. Fino a poche settimane fa la situazione sembrava tutto sommato essersi stabilizzata: il traffico si era effettivamente ridotto, ma i costi di spedizione non si erano impennati più di tanto, o per lo meno non come qualche analista aveva previsto. Questo scenario sembra però essersi ribaltato negli ultimi giorni. Da una parte, uno studio del Pentagono ha assicurato che gli assalti degli Houthi -il gruppo al potere in Yemen- avrebbero causato un crollo del 90% delle spedizioni delle navi-container, coinvolgendo 65 nazioni e costringendo fino a 29 compagnie a stravolgere le proprie rotte. Dall’altra, gli stessi Houthi sembrano più che mai impegnati a tenere fede a quanto detto a marzo, quando promisero di espandere le operazioni navali dall’Oceano Indiano fino alla punta meridionale dell’Africa.
Su quest’ultimo punto hanno già lanciato l’allarme i media israeliani, che -citando fonti di Intelligence– hanno denunciato la fitta rete di alleanze internazionali messa a punto dallo Yemen negli ultimi mesi. Secondo questi rapporti, l’asse della resistenza degli Houthi si estenderebbe ormai fino all’Egitto, al Sudan e al Marocco. Senza contare la collaborazione già in essere con le milizie irachene, oltre alle ottime relazioni intrattenute con il grande sponsor iraniano e con il gruppo libanese Hezbollah. L’obiettivo delle pedine posizionate dallo Yemen sarebbe in questo senso quello di attaccare gli interessi israeliani da quadranti diversi. Uno scenario che sembra già essere di attualità, dal momento che solo ieri gli Houthi hanno annunciato di aver attaccato ben 4 navi: una nel Mar Arabico, una nel Mar Rosso, una nell’Oceano Indiano e una nel Mediterraneo.
Lo Yemen ha dichiarato fin dall’inizio dell’operazione che non fermerà i suoi attacchi finché non cesseranno le offensive su Gaza. Il recente allargamento delle offensive rappresenta però una brutta gatta da pelare sia per Israele che per gli Stati Uniti, costretti a impiegare sempre più risorse per poter limitare i danni. E questo nonostante gli sforzi compiuti fino ad ora non abbiano praticamente portato frutti. La sedicente “coalizione di volenterosi” schierata dalle Marine occidentali non è infatti riuscita a neutralizzare gli attacchi delle forze armate yemenite. Il che conferma che gli Houthi non sono quell’improvvisato gruppetto di “ribelli”spesso caricaturizzato dalla stampa occidentale. A confermarlo è d’altronde la stessa Marina degli Stati Uniti, che ha recentemente ammesso di essere impegnata nella battaglia più dura che abbia dovuto affrontare dalla Seconda Guerra Mondiale.
Una battaglia il cui ultimo capitolo sembra ancora lontano. Anche perché dalle parti del Mar Rosso dovrebbe recarsi prossimamente la portaerei Roosevelt, che sostituirà la Eisenhower dopo che questa è stata più volte presa di mira dalle forze yemenite. “Se vuole correre il rischio di mettersi nella stessa situazione, che venga pure”, hanno subito minacciato gli Houthi, chiarendo che l’imbarcazione statunitense sarà per loro un “bersaglio primario” non appena metterà piede nel Mar Rosso.