di Margherita Furlan e Jeff Hoffman
Dopo 13 anni di ponziopilatesco collaborazionismo anti Assad l’Italia sarà il primo paese dei G7 a riaprire l’ambasciata a Damasco.
Obbedendo agli ordini impartiti da Washington e rimbalzati a Bruxelles il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha annunciato venerdì 26 luglio la nomina di Stefano Ravagnan, già inviato speciale in Siria per la cosiddetta guerra a Daesh, ad ambasciatore italiano a Damasco.
Alle origini della decisione vi è una lettera scritta al capo dell’anti diplomazia europea, Josep Borrell, in cui Italia, Austria, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Croazia, Slovenia e Slovacchia esprimono forti preoccupazioni per il flusso di migranti che potrebbe presto riversarsi sull’Italia e i paesi del Mediterraneo.
“Borrell ha incaricato il Servizio europeo per l’azione esterna di studiare cosa si può fare”, ha precisato Tajani, che tradotto in lingua comprensibile significa che la Siria deve restare nel mirino di Washington.
Il 24 luglio, infatti, il presidente siriano Bashar al Assad è stato ricevuto al Cremlino dal presidente russo Vladimir Putin.
Stando a quanto pubblicato da Bloomberg Putin ha incontrato a Mosca il Presidente siriano Bashar al-Assad anche con l’obiettivo di ripristinare i legami tra Siria e Turchia.
D’altronde, solo nel mese di luglio, i rappresentanti di Siria e Turchia hanno tenuto tre cicli di negoziati per preparare l’incontro tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e Bashar al-Assad.
La riconciliazione tra Turchia e Siria contribuirebbe alla stabilità della regione che certamente si sta avvicinando sempre più all’area d’influenza russa. Basterà un ambasciatore al controllo della situazione?