Guerra energetica e manovre borsistiche
di Margherita Furlan e Jeff Hoffman
Arabia Saudita, Iraq, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Kazakistan, Algeria, Oman e Gabon, limiteranno ulteriormente la produzione di petrolio fino a 1,6 milioni di barili al giorno.
I tagli, che partiranno a maggio e dureranno per tutto il 2023, sono volti a sostenere i prezzi globali del petrolio che, fino al 5 aprile, erano scesi del 20%.
All’inizio dell’anno, il vice primo ministro russo, Alexander Novak, facendo infuriare Washington, aveva annunciato che avrebbe esteso la riduzione volontaria della produzione di petrolio russo di 500 mila barili al giorno.
Mentre i paesi dell’OPEC+ tagliano la produzione e i paesi europei si attrezzano per contrabbandare petrolio russo, Gazprom continua però a inviare gas all’Europa occidentale attraverso l’Ucraina.
Stando al comunicato ufficiale, datato 30 aprile 2023, Gazprom ha misurato in 37 milioni di metri cubi la quantità di gas pompata il 29 aprile dalla stazione di sugia, ma Kiev ha respinto la richiesta di immettere gas attraverso lo snodo di sakranofka, ormai bloccato dagli ucraini da circa un anno.
Così, mentre il centro del potere economico globale si sposta verso est, la tendenza a nazionalizzare le risorse prende piede anche nei paesi tipicamente asserviti alle politiche estere di Washington.
La Norvegia, diventata il più grande fornitore di gas per l’UE e il Regno Unito, prevede di nazionalizzare la maggior parte della sua rete di gasdotti. “Lo stato vuole la completa proprietà statale delle parti centrali del sistema di trasporto del gas norvegese”, si legge in una scarna nota ufficiale del ministero del petrolio e dell’energia norvegese.
Non volendo fornire ulteriori dettagli, non è chiaro come il governo norvegese intenda procedere ma, Kurt Georgsen, CEO di Silex Gas e coproprietario di Gassled, è intervenuto dichiarandosi sorpreso dell’improvvisa decisione in quanto le politiche energetiche del paese si sono sempre basate su una combinazione di società private e statali.
“Lavoreremo con il governo per trovare una soluzione”, ha poi aggiunto Georgsen, facendo notare che il 46,7% di Gassled è già di proprietà dello stato.
In ogni caso, mentre i padroni del discorso giocano a risiko, molte compagnie petrolifere vendono le loro quote proprietarie a società di investimento che, nel frattempo, moltiplicano i profitti lucrando sui prezzi.