di Gionata Chatillard
La difesa dell’Ucraina, presentata fin da subito all’opinione pubblica come un imperativo morale, si sta trasformando velocemente in una questione meramente economica, almeno a giudicare dal dibattito politico attualmente in corso negli Stati Uniti. Se i repubblicani storcono il naso all’idea di mantenere gli aiuti a Kiev a fronte di un deficit federale in costante aumento, i democratici rispondono che in realtà il conflitto in Europa Orientale è un toccasana per le finanze del paese. A dirlo sono ormai gli stessi funzionari della Casa Bianca, sottolineando come finanziare il conflitto in Ucraina abbia ricadute positive negli States sia in termini di occupazione che di produzione.
Un concetto, questo, che si è preso la briga di sintetizzare il Wall Street Journal in un articolo il cui titolo parla chiaro: “Come la guerra in Europa ha rafforzato l’economia degli Stati Uniti”. Il testo del quotidiano newyorchese mette in fila diversi dati che mostrano come sia proprio Washington il principale beneficiario dei pacchetti di aiuti militari destinati all’Esercito ucraino. Nei due anni trascorsi dall’inizio del conflitto, il complesso militare-industriale statunitense ha infatti ricevuto enormi ordini sia dal Pentagono che dai Paesi europei, registrando un aumento della produzione del 17,5%. D’altronde, fanno sapere dal Dipartimento della Difesa, nel giro di pochi mesi Washington ha guadagnato decine e decine di miliardi di dollari attraverso la vendita di armi, in gran parte grazie alle richieste degli alleati europei.
Ma non solo. Alle esportazioni di materiale bellico va infatti aggiunta tutta la questione energetica. Grazie al conflitto in Ucraina, la Casa Bianca è riuscita a sganciare l’Europa dalla Russia, rendendo il Vecchio Continente dipendente dalle forniture di gas liquefatto Made in USA, il che ha contribuito in modo determinante a fare degli Stati Uniti il primo esportatore al mondo di GNL. E dire che, fino a poco tempo fa, alcuni paesi come l’India o la Turchia venivano apertamente criticati dai politici statunitensi per aver cercato di trarre profitto da una tragedia acquistando energia russa a buon mercato.
Adesso, invece, anche a Washington l’unica cosa che importa -ormai anche a microfoni accesi- sono le ricadute economiche del conflitto, a quanto pare più che positive per chi questa guerra si è adoperato per istigarla fin dall’inizio. Né interessi strategici, né doveri etici: ciò che conta di più, alla fine, sono sempre i dollari. E se la guerra ne porta a palate, ben venga. Soprattutto se a combatterla sono altri.