di Gionata Chatillard
Se il Governo israeliano non dovesse interrompere l’offensiva su Gaza, Teheran si vedrà costretta a intervenire militarmente nel conflitto. Questo è il messaggio recapitato dal ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian all’inviato delle Nazioni Unite in Medio Oriente. Un messaggio che lo stesso capo della diplomazia iraniana ribadiva ieri anche all’emiro del Qatar, mentre il presidente Ebrahim Raisi, parlando con il suo omologo francese Emmanuel Macron, comparava l’operazione militare israeliana a quelle dell’epoca “nazista”.
Ad avvertire di un possibile coinvolgimento di Teheran nel conflitto è stata però anche Washington. “Dobbiamo prepararci per ogni eventualità”, ha affermato il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, giustificando in questo modo la decisione degli Stati Uniti di trasferire in fretta e furia due portaerei nel Mediterraneo orientale.
Una mossa, questa, che ha avuto l’effetto di innervosire ancora di più la Repubblica Islamica, che avrebbe già iniziato a muovere le prime pedine in vista di un possibile conflitto. Secondo il Wall Street Journal, diversi gruppi armati di stanza in Siria si sarebbero infatti spostati verso il confine israeliano, in prossimità delle alture del Golan. Il tutto mentre a Teheran veniva ferito in una sparatoria un alto ufficiale dell’Intelligence delle Guardie della Rivoluzione, adesso ricoverato in condizioni critiche in ospedale.
Secondo Teheran, Hamas sarebbe pronto al rilascio dei circa 200 ostaggi se Israele mettesse fine agli attacchi sulla Striscia. Lo ha detto, citato dal Times of Israel, il portavoce del ministro degli Esteri iraniano, Nasser Kanaani.
Non risulta al momento una presa di posizione in tal senso di Hamas.
Teheran insiste: per disinnescare la spirale di violenza occorre innanzitutto fare quadrato con i paesi della regione. Tuttavia, dopo la storica chiamata di giovedì scorso fra Raisi e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, l’Iran non solo è tornato a chiedere con forza una riunione d’emergenza dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, ma ha anche esortato la Cina a intervenire sulla questione palestinese, nella speranza che una risposta multilaterale possa in qualche modo costringere Israele a fare retromarcia