di Margherita Furlan e Gionata Chatillard
Dopo essere stati cacciati dall’Iraq, i dissidenti iraniani del MEK iniziano ad avere problemi anche con le autorità dell’Albania, paese che li ha accolti nel 2013 su sollecitazione statunitense. La polizia della piccola nazione balcanica ha fatto recentemente irruzione nel campo di Ashraf-3, una piccola città composta da oltre 100 edifici che ospita circa 2.500 esuli, il cui obiettivo è rovesciare il regime teocratico di Teheran. Il raid delle autorità albanesi, che non hanno rivelato troppi dettagli sui motivi della loro azione, si è concluso con decine di feriti e con il sequestro di circa 150 dispositivi informatici, presumibilmente utilizzati per svolgere attività politiche proibite dagli accordi stipulati inizialmente fra Tirana e lo stesso MEK.
I dissidenti iraniani, che avrebbero bruciato diversi documenti per non farli finire nelle mani delle forze dell’ordine, hanno parlato di un “assalto criminale”, accusando il paese che li ospita di essere connivente con il Governo della Repubblica Islamica. Non è però un mistero che questo gruppo di mujaheddin -che secondo diverse fonti opererebbe come una vera e propria setta- si sia ripetutamente dedicato a orchestrare attacchi contro Teheran. Una situazione che lo scorso anno ha portato alla rottura delle relazioni diplomatiche fra l’Albania e la Repubblica Islamica, che considera il MEK come un “gruppo terrorista” responsabile della morte di circa 17.000 iraniani. Ed è l’ambasciata albanese a Washington a sottolineare in queste ore di non poter tollerare che il Paese venga utilizzato per svolgere attività illegali, sovversive e politiche contro altri, come sarebbe avvenuto con il MEK”.
I mujaheddin, da parte loro, hanno denunciato la morte di una persona durante il raid delle forze dell’ordine. Tirana ha però smentito la notizia, dando un ennesimo segnale di come il rapporto fra i dissidenti iraniani e il Governo che li ospita si sia ormai incrinato. Ma non solo, perché questa volta il MEK ha dovuto fare a meno anche della sponda di Washington. Il Dipartimento di Stato ha infatti preso le distanze dal gruppo, dando invece la sua benedizione all’operazione della polizia albanese. Operazione che fra l’altro è avvenuta il giorno dopo che il Governo francese aveva impedito al MEK di svolgere una manifestazione a Parigi, città dove fino a poco tempo fa gli esuli iraniani erano invece di casa. Altro segno di come l’Occidente sia meno accondiscendente di prima nei confronti di questo gruppo, la cui gestione è oggi più di un semplice grattacapo per il Governo di Tirana. L’amministrazione Biden starebbe infatti tentando di assicurarsi un accordo a breve termine con l’Iran che fornisca almeno 17 miliardi di dollari a Teheran in cambio di restrizioni temporanee al presunto programma illecito di armi nucleari. Sprezzante, l’ex segretario di Stato americano, Mike Pompeo, solido sostenitore del MEK, ha dichiarato a Fox News: “Il cieco desiderio dell’amministrazione Biden di placare e negoziare con Teheran ha reso il mondo un posto più pericoloso”. La partita è dunque aperta a un nuovo trasloco per i combattenti, magari ai confini con la Russia.