di Domenico D’Amico
E’ ufficiale la prima bozza di matrimonio aziendale fra Leonardo e Fincantieri: un accordo strategico in alcuni importanti settori militari con la Joint Venture Orizzonti Sistemi Navali.
Aziende della galassia statale da sempre, hanno una lunghissima storia e sono sopravvissute alle selvagge privatizzazioni degli anni ’90, almeno in parte.
Seppur trasformate in società per azioni, lo scettro del comando è ancora ben saldo nelle mani dello Stato: per quanto riguarda Fincantieri è controllata al 70% dalla finanziaria di Cassa Depositi e Prestiti, mentre Leonardo è al 30% controllata dal Ministero delle Finanze. Entrambe le aziende sono sinonimo di eccellenza nei rispettivi settori industriali: la Leonardo è la più grande azienda europea nel settore difesa, con il 68% del proprio fatturato proveniente da quel settore. La Fincantieri è invece leader mondiale nel settore progettazione e costruzione navi da crociera, ed è al vertice nei restanti settori industriali di cui è parte. Questa Joint Venture sembra quindi andare nella direzione di voler rafforzare a vicenda posizioni già molto solide, contribuendo a rafforzare al contempo la forza dell’industria pesante italiana nel mondo. Protagonista assoluto del progetto è Roberto Cingolani, prima top manager di Leonardo, ministro del Governo Draghi, ora consigliere del Governo Meloni e amministratore delegato di Leonardo: partito da un profilo orientato all’innovazione sistemica del Paese con la direzione dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, ha presto trovato posto nel settore Difesa, dove è entrato dalla porta principale spalancata da Leonardo; nel curriculum non mancano esperienze universitarie all’estero: spicca in questo senso l’esperienza di insegnamento a Richmond presso la Virginia Commonwealth University nel 1998, negli Usa. Inutile rimarcare la centralità nel settore militare industriale Usa della cittadina americana. Curiosa coincidenza, vista la carriera successiva.
Ed è proprio il conglomerato militare industriale americano, e di conseguenza la Nato, uno dei partner più importanti di Leonardo in primis, da storica tradizione e sempre di più anche di Fincantieri: i previsti incrementi del budget militare dei Paesi Nato, compresa l’Italia, fino al 2% del Pil porteranno nuove commesse e legami sempre più stretti con il Pentagono e le sue propaggini europee e italiane. Anche Israele in questo senso è un partner strategico di molti rami delle estese galassie produttive delle due aziende italiane. Si comprende quindi meglio la postura sempre più acritica di Roma verso Washington, e nello specifico dei fatti in Medio Oriente, lo schieramento immediato e molto ostentato di Palazzo Chigi con Tel Aviv e il governo Netanyahu: la stretta degli affari, dei contratti, delle collaborazioni si fa sempre più salda, e questa Joint Venture italiana sembra essere funzionale a una ristrutturazione di tutto il complesso militare industriale occidentale. Sempre di più insomma il sistema produttivo e industriale nazionale, con tutte le subforniture e gli indotti interni nel nostro Paese, vengono legati alla Nato e al Pentagono: abbraccio mortale dal quale sembra ormai sempre più impossibile sottrarsi.