di Gionata Chatillard
Con un annuncio trasmesso in televisione, il Governo maliano ha annunciato il ritiro unilaterale dall’accordo di pace siglato nel 2015 con le milizie separatiste che controllano buona parte del nord del paese. La giunta militare al potere dal 2020 ha parlato del “mancato rispetto degli impegni da parte dei firmatari”, ma soprattutto della presunta “ostilità” dell’Algeria, che di quell’intesa era stata mediatrice.
Già lo scorso mese, Bamako aveva convocato l’ambasciatore del paese magrebino per chiedere spiegazioni riguardo a presunte trattative con i separatisti tuareg che sarebbero avvenute senza il coinvolgimento delle autorità maliane. La Giunta militare rimprovera inoltre all’Algeria non solo di aver votato in sede ONU per il mantenimento delle sanzioni contro la nazione saheliana, ma di avere anche accolto sul suo territorio gli uffici di rappresentanza di gruppi considerati da Bamako come terroristi. “Come si sentirebbero loro se noi dessimo ospitalità al Movimento per l’autodeterminazione della Cabilia?”, ha chiesto provocatoriamente un portavoce del Governo, citando un gruppo algerino storicamente inviso alle autorità di quel paese.
Da parte loro, i ribelli tuareg del nord del Mali hanno dichiarato di non essere sorpresi dalla decisione di Bamako di abbandonare l’accordo di pace, una scelta che considerano perfettamente in linea con la cacciata del contingente dell’ONU e l’arrivo dei militari russi. Proprio Mosca, però, potrebbe avere la chiave per risolvere la situazione. O perlomeno per riavvicinare Mali e Algeria, nazioni che intrattengono ottime relazioni con il Cremlino.
Per il momento, tuttavia, continuano a volare parole grosse fra i 2 paesi africani, con Bamako che continua a denunciare le “ingerenze”del vicino. “Le autorità algerine ci considerano come il loro cortile di casa, come uno Stato zerbino da disprezzare”, recita il comunicato del Governo maliano. Ad Algeri, però, negano tutto e credono che il ritiro unilaterale dal piano di pace sia altamente “pericoloso” per gli equilibri di una regione già particolarmente soggetta a destabilizzazioni di ogni tipo.