di Fabio Belli
Le relazioni diplomatiche tra Nuova Delhi e Ottawa sono ai minimi termini dopo che il primo ministro canadese, Justin Trudeau, ha accusato l’India dell’assassinio del leader separatista sikh e cittadino canadese, Hardeep Singh Nijjar.
Una questione che il leader canadese ha sollevato anche con la controparte indiana durante il vertice del G20 svoltosi a Nuova Delhi. “Qualsiasi coinvolgimento di un governo straniero nell’uccisione di un cittadino canadese sul suolo canadese è una violazione inaccettabile della nostra sovranità”, aveva detto Trudeau, aggiungendo di voler fare pressione sull’India affinché cooperi con le indagini.
L’India ha insistito sul fatto di non avere alcun ruolo nell’omicidio, facendo leva sul fatto che Nijjar figurava nell’elenco dei terroristi ricercati già dal 2020 e che il governo indiano avrebbe spesso reagito duramente alle richieste dei separatisti sikh nei paesi occidentali. Oltretutto il ministro degli Esteri indiano ha accusato Ottawa di aver creato un ambiente “permissivo” per i separatisti sikh anti-indiani.
La diatriba ha creato non pochi problemi a Washington che, da una parte, ha nel vicino canadese uno dei più stretti alleati, ma, d’altra parte, anche l’India ultimamente rappresenta un partner appetibile, specie se si tratta di sottrarre il popoloso Paese asiatico ai richiami di Mosca e di Pechino e del nuovo blocco multipolare dei BRICS. Oltretutto anche negli Stati Uniti vive una rappresentanza significativa di cittadini di origine indiana, compresi i sikh; pertanto omettere di schierarsi potrebbe essere controproducente nel lungo periodo. Washington tuttavia ha scelto la strada della cautela, nonostante Ottawa sostenga di avere prove fornite dall’intelligence sulla presunta responsabilità dell’India.
L’ago della bilancia sulla vicenda sembra lasciato, come al solito, ai dettami dell’agenda globalista. Non a caso, un recente rapporto dell’organizzazione finanziata da Washington, Freedom House, ha descritto l’India come “parzialmente libera” per il terzo anno consecutivo, aggiungendo che “i diritti democratici in India rimangono sotto pressione, in particolare per i gruppi emarginati”.
Ciò potrebbe bastare alla retorica occidentale a prendere parte per il Canada, ormai fertile terreno di sperimentazione dell’agenda global-atlantista. Un paese al quale è stato permesso, sull’onda della ormai ridicola russofobia, persino di onorare a livello istituzionale un ex gerarca nazista.