di Margherita Furlan
Gli iraniani si sono presentati alle urne in numero maggiore rispetto al primo turno e hanno eletto il primo presidente riformista in due decenni. Masud Pezeshkian, sessantanovenne deputato e, in passato, ministro della sanità, ha ricevuto più di 16 milioni di voti, circa il 54%, e Jalili più di 13 milioni, circa il 44%, su circa 30 milioni di voti espressi. L’affluenza è stata del 49,8%; il minimo storico di circa il 40% si era registrato nel primo turno, il 28 giugno scorso. Pezeshkian ha ottenuto durante la campagna elettorale l’appoggio degli ex presidenti Khatami e Rouhani e dell’ex ministro degli Esteri, Javad Zarif, noto per aver negoziato l’accordo sul nucleare con l’Amministrazione Obama.
Said Jalili, esponente dei paydarì, la “resistenza” islamica ovvero la componente più oltranzista della galassia principalista, comunemente definita conservatrice in Occidente, che aveva ottenuto l’appoggio degli eredi della famiglia dello scomparso presidente Raisi, non ha convinto. La divisione nel campo principalista potrebbe aver allontanato gli elettori ma non si può nemmeno escludere che l’anomalia di queste elezioni anticipate, con una campagna elettorale molto breve, non abbia favorito l’affluenza delle masse popolari, tra cui serpeggia una certa disaffezione politica.
Sul piano interno, Pezeshkian ha espresso la propria contrarietà all’obbligo del velo femminile e ha promesso la liberalizzazione di internet. Ma sarà sul piano internazionale che il neo presidente sarà chiamato a uno sforzo epocale. Pezeshkian ha rivendicato la sua appartenenza alla visione originaria della rivoluzione islamica di Khomeinì, ma anche del suo successore Khàmenei, condensata nella formula “né occidente, né oriente”.
Negli ultimi tre anni, l’Iran ha assunto una scelta di campo molto netta, aderendo ai BRICS ed all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. L’intenzione di Pezeshkian sembra quella di riequilibrare questo assetto e di aprirsi al dialogo con le potenze europee e gli Stati Uniti, senza per questo dover necessariamente rinnegare il lavoro svolto da Raisi e Abdollahian. Il modello da seguire sarebbe quello rappresentato dalla Turchia che, pur aderendo alla NATO, si ritaglia spazi di autonomia e manovra se favorevole agli interessi del Paese. In un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa Sputnik, Pezeshkian ha ribadito la volontà di proseguire nell’impegno nei BRICS e nella SCO, di considerare la Russia una Nazione amica e un partner importante, di sostenere il principio della multipolarità. Ha espresso anche la speranza che Cina e Russia possano aiutare l’Iran a rivitalizzare l’accordo nucleare così da sollevare la Repubblica islamica dal regime di sanzioni a cui è sottoposta.
Le democrazie occidentali, che chiamano tirannia l’ordinamento iraniano, saranno pronte ad accettare proposte di pacificazione provenienti da Teheran in mezzo agli odierni venti di guerra?