di Margherita Furlan
La Quinta Flotta degli Stati Uniti ha reso noto che la Repubblica Islamica dell’Iran ha sequestrato un’altra petroliera nelle acque del Golfo Persico, nello Stretto di Hormuz. La petroliera Niovi sequestrata dalla Marina della Guardia rivoluzionaria islamica iraniana batte bandiera di Panama ed è di proprietà greca. Lo Stretto di Hormuz connette il Golfo Persico con quello di Oman e, da lì, con l’Oceano Indiano. Secondo l’Energy Information Administration (Eia) statunitense, nel 2018 il flusso medio giornaliero di petrolio su nave attraverso lo stretto è stato di 21 milioni di barili, pari a circa un quinto dei consumi mondiali sui 12 mesi. Si tratta di un terzo del petrolio trasportato via mare nel mondo, cui si aggiunge oltre un quarto del gas naturale liquido che solca i mari. Lo Stretto di Hormuz, tuttavia, non è solo uno snodo cruciale dei flussi energetici. È anche un elemento strategico della politica di difesa iraniana. Hormuz è infatti considerato la prima linea di difesa della Repubblica Islamica, una risorsa bellica vitale.
Intanto, accompagnato da una nutrita delegazione diplomatica e imprenditoriale, il presidente della Repubblica Islamica, Ebrahim Raisi, si è recato in Siria per incontrare l’omologo Bashar al-Assad. I due capi di Stato hanno siglato almeno quindici accordi inerenti alla cooperazione a lungo termine per rafforzare i legami economici bilaterali.
La notizia è di particolare rilievo poiché è la prima volta dal 2010 che un presidente di Teheran giunge in visita a Damasco. Ma la repentina normalizzazione dei rapporti internazionali del paese levantino non avviene solo sul fronte persiano, bensì anche all’interno del mosaico arabo, come testimoniano i recenti viaggi delle alte cariche di Damasco nella regione.