di Fabio Belli
L’appeal statunitense in Medio Oriente è in calo vertiginoso. A dimostrarlo sono anche le intenzioni del governo dell’Iraq che sta pensando di rimuovere la presenza militare a stelle e strisce dal paese.
In un recente discorso, il primo ministro iracheno Mohammed Shia al-Sudani, ha infatti preannunciato la necessità di avviare un dialogo per discutere l’allontanamento del residuo contingente statunitense di 2,500 unità, dopo che il Pentagono aveva preso di mira un velivolo a Baghdad, uccidendo Mushtaq Taleb al-Saidiun, leader della milizia irachena filo iraniana Harakat Hezbollah al-Nujaba.
L’attacco, secondo Washington, si sarebbe reso necessario in quanto la milizia in questione sarebbe responsabile di alcuni degli oltre 100 attacchi che, mediante droni e missili, avrebbero bombardato le strutture di truppe americane in Siria e Iraq negli ultimi tre mesi, sebbene non vi siano state vittime tra i militari, ma solo feriti lievi.
Ma secondo il premier al-Sudani, la rappresaglia statunitense sarebbe stata inopportuna e avrebbe violato la sovranità dell’Iraq in quanto tali milizie costituirebbero “una presenza ufficiale affiliata allo Stato”.
“Affermiamo la nostra posizione ferma e di principio nel porre fine all’esistenza della coalizione internazionale”, ha concluso il premier iracheno.
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