di Fabio Belli
La guerra a Gaza costerà l’equivalente di 67,4 miliardi di dollari USA fino al 2025. Lo stima la Banca Centrale Israeliana che riferisce di una spesa per la difesa che balza dal 5,3% al 9% rispetto al PIL del paese. Un PIL che per il quarto trimestre 2023 è sceso di oltre il 20%, mentre i consumi sono crollati del 27% e gli investimenti del 70%.
Ma mentre l’economia israeliana soffre, i produttori di armi del paese gozzovigliano con profitti record, grazie ai 17 miliardi di dollari provenienti da Washington che annualmente di solito si attestano sui 3 miliardi nei confronti di Tel Aviv.
A beneficiarne sono principalmente i tre giganti della difesa, che hanno goduto dell’impennata dei prezzi delle loro azioni e di una crescita delle commesse valutata superiore alle capacità produttive con aumenti di fatturato con percentuali in doppia cifra.
Nel frattempo, il consigliere per la sicurezza nazionale del primo ministro Benjamin Netanyahu, in un’intervista radiofonica ha reso noto che la guerra a Gaza continuerà almeno per tutto il 2024. Con buona pace delle 36.224 vittime dal 7 ottobre, di cui 53 nelle ultime 24 ore e nonostante gli appelli della comunità internazionale.
Oggi il presidente del parlamento iraniano ha condannato il massacro di Rafah chiedendo un’azione mondiale. “I governi del mondo, soprattutto quelli islamici, dovrebbero mettere da parte i complimenti e le considerazioni diplomatiche e difendere la dignità dell’umanità”.
Nel frattempo, anche il governo sloveno ha deciso il riconoscimento dello Stato di Palestina rimandando l’approvazione definitiva al Parlamento. La decisione si aggiunge a quella già ratificata recentemente di Norvegia, Spagna e Irlanda, oltre ai nove paesi dell’Unione europea che già riconoscevano la Palestina: Svezia, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Ungheria, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia.