di Fabio Belli
Ieri, 2 gennaio, a sud di Beirut, droni di provenienza israeliana hanno condotto un attacco esplosivo contro una sede di Hezbollah. Secondo quanto riferito dall’agenzia statale NNA, fra le sei vittime vi sarebbe anche Saleh al Arouri, numero due di Hamas e fondatore dell’ala militare Brigate al Qassam.
Il primo ministro libanese, Najib Mikati, ha condannato l’attentato, definendolo un nuovo crimine da parte di Israele, che “mira a trascinare il Libano in una nuova fase di scontri alla luce dei continui attacchi quotidiani nel sud del Paese”. Dell’attacco si è invece vantato il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, che su X ha scritto: “Tutti i tuoi nemici periranno, Israele”.
Il leader di Hamas, Al Arouri, dopo aver trascorso 15 anni in una prigione israeliana, era stato rilasciato nel 2010 e successivamente esiliato in Libano. A ottobre, le forze israeliane avevano distrutto la sua abitazione in Cisgiordania. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva però minacciato di uccidere al-Arouri ancor prima del 7 ottobre. D’altronde dagli Stati Uniti pendeva su di lui una taglia di 5 milioni di dollari dal 2015.
Prima dell’inizio del massacro a Gaza, Al-Arouri aveva incontrato il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che oggi ha parlato in occasione dell’anniversario della morte di Qassem Soleimani. Lo stesso Nasrallah di recente aveva avvertito come l’attacco contro qualsiasi cittadino libanese o straniero all’interno del Libano, avrebbe suscitato una “forte reazione”.
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