di Fabio Belli
Il Consiglio di sicurezza nazionale israeliano sta valutando l’ipotesi dietro le quinte che siano emessi mandati di arresto internazionali nei confronti di alte cariche del governo di Tel Aviv.
A riferirlo è il canale israeliano Channel 13, secondo cui le discussioni avrebbero preso in considerazione l’arresto del primo ministro Benjamin Netanyahu, del ministro della Difesa Yoav Gallant e del capo di stato maggiore dell’esercito Herzi Halevi.
Sempre secondo la fonte, dunque, la possibilità che la Corte penale internazionale dell’Aia emetta mandati è uno scenario tutt’altro che inverosimile, motivo per cui l’organo avrebbe approvato alcune contromisure come il lancio di una campagna politica di denigrazione della Corte. Motivo per cui, l’esecutivo israeliano, oltre a bussare la porta al Congresso statunitense e alla Casa Bianca, programmerà incontri anche esponenti europei, tra cui figurano Paesi Bassi, Repubblica Ceca e Austria.
Il quotidiano israeliano Maariv ha inoltre riferito che Netanyahu sarebbe “spaventato e insolitamente stressato” dalla possibilità di un imminente mandato d’arresto e fonti vicine al giornale ritengono che i mandati d’arresto siano solo una questione di tempo.
Nel frattempo, i legislatori statunitensi avrebbero preso molto a cuore la questione degli arresti dei funzionari israeliani. Secondo il sito Axios, il Congresso starebbe elaborando un disegno di legge volto a rispondere alla Corte penale internazionale, incluse sanzioni contro alcuni esponenti della stessa Corte.
La portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre ha addirittura affermato che gli Stati Uniti mettono in dubbio la competenza del tribunale ritenendo che non abbia la giurisdizione. L’anno scorso in occasione di un simile provvedimento contro il presidente russo, Vladimir Putin, il presidente statunitense Joe Biden aveva invece ritenuto giustificata la decisione.
E il doppio standard è servito.