di Fabio Belli
L’opinione di Tel Aviv secondo cui sarebbero sufficienti pause umanitarie giornaliere di 4 ore a Gaza ha sollevato le proteste della relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina, l’italiana Francesca Albanese, secondo la quale le pause sarebbero utili solo “per far respirare la gente e ricordare loro qual è il temporaneo suono della vita senza bombardamenti prima di ricominciarli. Tutto questo è molto cinico e crudele”, ha concluso la relatrice.
Un’opzione che per il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, costituirebbe invece un progresso: evidentemente per Washington il massacro di Gaza “val bene una pausa pranzo”.
Sempre da oltre oceano, per l’ex inquilino della Casa Bianca, Donald Trump: “Non esiste odio paragonabile a quello dei palestinesi nei confronti di Israele e del popolo ebraico. E probabilmente anche il contrario, non lo so. Quindi a volte devi lasciare che le cose vadano avanti e vedere dove vanno a finire”, ha affermato Trump in un’intervista alla rete televisiva statunitense Univision precisando tuttavia che un accordo fra le parti sarebbe sempre possibile.
Il tutto nonostante la CNN abbia rivelato l’esistenza di alcuni cablogrammi diplomatici che metterebbero in guardia l’amministrazione Biden dal sostegno incondizionato a Israele. In una di queste comunicazioni dell’ambasciata statunitense al Cairo si leggerebbe che “la crudeltà e il disprezzo di Biden per i palestinesi hanno superato tutti i precedenti presidenti degli Stati Uniti”.
Su un’altra linea si distingue ancora il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, secondo il quale il primo ministro, Benjamin Netanyahu, sarà quello che alla fine pagherà il prezzo dei “massacri” israeliani a Gaza. “In questo momento, tra il 60% e il 70% del popolo israeliano è contro il primo ministro e le cose non potranno che peggiorare per lui… “, ha detto Erdogan ai giornalisti, affermando inoltre che Hamas non avrebbe alcun interesse a tenere in ostaggio i civili catturati, purché i palestinesi in mano israeliana vengano a loro volta rilasciati.
E mentre proprio il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, afferma di non volersi fidare di nessuna entità internazionale e di voler continuare a controllare Gaza anche al termine dello scenario bellico, il presidente dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, si è detto pronto ad assumere il controllo dell’enclave e a non accettare nessuna rioccupazione o parziale annessione. “La sicurezza e la pace nella nostra regione potranno essere raggiunte solo ponendo fine all’occupazione israeliana del territorio palestinese, compresa Gerusalemme Est, sulla base dei confini del 1967”, ha sottolineato il leader palestinese.
Secondo il ministero della Sanità di Gaza, il bilancio delle vittime degli attacchi nell’enclave dal 7 ottobre avrebbe superato quota 11.000. Sempre secondo le autorità palestinesi, oltre il 50% degli edifici sono stati danneggiati, di cui 40.000 unità abitative completamente distrutte grazie – si fa per dire – allo sganciamento di 32.000 tonnellate di esplosivo che ha causato danni materiali per circa 4 miliardi di dollari. E i morti non sono solo a Gaza, ma anche in Cisgiordania dove, sempre dal 7 ottobre, l’esercito israeliano avrebbe ucciso 180 persone.
Dal mondo arabo, mentre il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian, riferisce all’omologo del Qatar che “l’espansione della portata della guerra è diventata inevitabile”, l’Arabia Saudita si accinge a ospitare questo fine settimana i leader arabi e il presidente iraniano per due vertici dedicati al conflitto israelo palestinese. A Riyad sono previste riunioni d’emergenza della Lega Araba e dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica