di Fabio Belli
La rottura tra Israele e Turchia sta diventando ancora più irreparabile. Dopo la decisione turca di unirsi alla causa del Sudafrica accusando di genocidio il governo di Tel Aviv, ora Ankara fa sul serio anche a livello commerciale annunciando la sospensione di tutti gli scambi commerciali.
Scambi che, secondo quanto riporta Bloomberg, nel 2023 hanno raggiunto la cifra di 6,3 miliardi. La minaccia di embargo ha scatenato le ire del governo Netanyahu, il cui ministro degli Esteri Israel Katz, ha accusato il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, di comportarsi come un dittatore ignorando, a suo dire, gli interessi del popolo e degli uomini d’affari turchi. Tuttavia, la decisione di Ankara non è un fulmine a ciel sereno visto che già il mese scorso, il ministero del Commercio turco, in risposta all’aggressione israeliana a Gaza, aveva annunciato il blocco delle esportazioni di 54 tipologie di beni verso Israele. Un paese sempre più isolato a livello internazionale nonostante il sostegno senza se e senza ma da parte occidentale.
Il presidente colombiano, Gustavo Petro, che ha definito un genocida il premier israeliano Netanyahu, è l’ultimo di una lunga serie a rompere le relazioni diplomatiche con Israele. Già l’ottobre scorso, la Bolivia aveva interrotto le relazioni con Tel Aviv, seguita da Belize, Bahrein e Sud Africa. Ma la lista è lunga: Venezuela, Cuba, Iran, Corea del Nord, Arabia Saudita, oltre a diversi stati del Sahel africano, mediorientali, e del sud asiatico, non hanno rapporti diplomatici con la cosiddetta “unica democrazia del Medio Oriente”. Anche la vicina Giordania ha ritirato l’ambasciatore in Israele astenendosi però dal rompere definitivamente i rapporti.