di Gionata Chatillard
Era dagli Accordi di Oslo del 1993 che Israele non sottraeva tanto terreno ai palestinesi. Per l’esattezza, ben 12,7 chilometri quadrati. Gli appezzamenti, situati in Cisgiordania, finiranno presto nelle mani dei coloni dopo l’autorizzazione firmata dal Governo di Benjamin Netanyahu, che negli ultimi mesi ha accelerato l’espansione degli insediamenti nei territori occupati, in un momento in cui tutta l’attenzione dei media è posta sul conflitto di Gaza e sulla sua possibile estensione al Libano.
I nuovi terreni, che collegheranno i possedimenti israeliani lungo un corridoio chiave al confine con la Giordania, minano alla base la prospettiva di creare uno stato palestinese, dal momento che frammentano ulteriormente il territorio occupato dalla popolazione araba.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, a partire dall’offensiva di Hamas dello scorso 7 ottobre i coloni hanno portato a compimento più di 1.000 attacchi in Cisgiordania, danneggiando diverse proprietà e causando morti. Situazioni conflittuali che vengono puntualmente risolte dal Governo Netanyahu dichiarando “statali” le terre contese, che finiscono così per essere sottratte ai palestinesi e affittate agli israeliani. L’ultimo sequestro di 12,7 chilometri quadrati, approvato a giugno, si somma a quello di 8 chilometri quadrati approvato a marzo e a quello di 2,6 chilometri quadrati di febbraio. Numeri che secondo l’ONG Peace Now fanno del 2024 un vero e proprio annus horribilis per i 3 milioni di palestinesi che vivono in Cisgiordania braccati dall’Esercito israeliano, che attualmente impedisce alle autorità arabe di amministrare più della metà di quello che, almeno teoricamente, dovrebbe essere il loro territorio.