di Margherita Furlan e Fabio Belli
Tra Israele ed Hezbollah si alza la tensione. Hassan Nasrallah ha sottolineato che in caso di escalation nessuna parte del territorio israeliano sarà al sicuro, oltre a Cipro qualora mettesse a disposizione delle Forze armate israeliane le sue basi aeree. “Cipro è parte della soluzione e non del problema”, ha replicato il capo di Stato cipriota, senza tuttavia ricordare che Nicosia e Tel Aviv negli ultimi anni hanno intensificato la cooperazione nella difesa, conducendo esercitazioni militari congiunte e firmando una serie di accordi per l’approvvigionamento di armi.
Un alto funzionario israeliano ha così avvertito che il Libano meridionale rischia di fare la fine di Gaza. Pochi giorni fa, le Forze di difesa israeliane hanno infatti approvato i piani operativi per lanciare un’offensiva nel paese dei cedri, mentre intensificano le uccisioni di comandanti di Hezbollah con raid aerei. A sua volta, il movimento libanese ha aumentato gli attacchi con missili, razzi e droni contro Israele. In tutto ciò, il viaggio dell’inviato dell’amministrazione Biden per il Medio Oriente, Amos Hochstein, che è stato sia in israele che in Libano, non ha raggiunto i risultati sperati.
Gli Stati Uniti sono preoccupati della posta in gioco della nuova fase dello scontro tra Israele e Iran. E che in caso di una guerra in piena regola tra Israele e Hezbollah, quest’ultimo possa sopraffare le difese aeree israeliane nel nord, compreso il tanto decantato sistema di difesa aerea Iron Dome. Per gli strateghi di Gerusalemme, Hamas e Hezbollah infatti non sono semplici milizie con cui va applicata la dottrina di controinsorgenza del generale Petraeus, che gli americani hanno suggerito più volte ai loro colleghi israeliani, ma sono degli ibridi tra eserciti convenzionali e milizie armate. In ogni caso, l’estensione del conflitto al Libano rappresenterebbe il fallimento dell’approccio delle attuali amministrazioni, quella di Biden e di Netanyahu.