di Fabio Belli
La misura è colma, così Egitto e Arabia Saudita sembrano voler dire a Israele per le sue politiche guerrafondaie e genocide.
Secondo quanto affermato nei giorni scorsi dal Wall Street Journal, ben prima dell’attacco israeliano a Rafah, Il Cairo ha minacciato di stracciare il trattato di pace con Israele noto come Accordi di Camp David, in base ai quali la città nell’estremo sud della Striscia di Gaza ricade nella “Zona D”, anche nota come “Asse Filadelfia”, una zona appositamente designata dove i militari israeliani non possono mettere piede.
La minaccia di far saltare gli storici accordi è scattata subito dopo che il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, aveva affermato che l’invio di truppe a Rafah sarebbe stato necessario per vincere la guerra contro Hamas. Invio che aveva visto anche le rimostranze di Riyad concretizzate con una nota del Ministero degli Esteri, in cui il Regno avvertiva delle gravissime ripercussioni sull’assalto alla città considerata l’ultima risorsa per centinaia di migliaia di civili costretti a fuggire dalla brutale aggressione israeliana.
“Condanniamo fermamente la loro deportazione e rinnoviamo la nostra richiesta per un cessate il fuoco immediato”, concludeva la nota di Riyad confermando la necessità di una convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Purtroppo la risolutezza egiziana e saudita non ha impedito il massacro.