di Margherita Furlan e Fabio Belli
“Il nostro obiettivo non è solo sconfiggere Hamas, ma promettere che il sud sarà un paradiso al 100%”, ha dichiarato l’ex ministro della Difesa israeliana, Benny Gantz, al quotidiano Times of Israel, puntualizzando che il suo Paese potrebbe essere costretto a condurre ostilità non solo a Gaza, ma anche ai confini settentrionali con Siria e Libano. “Ci vorrà molto tempo. La guerra nel sud – e, se necessario, nel nord o altrove – potrebbe richiedere mesi, e la ripresa richiederebbe anni. Solo quando [la ricostruzione] sarà completata otterremo la vittoria”, ha sottolineato Gantz, mentre l’attuale ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha esortato i militari a essere preparati. L’ordine di iniziare l’attacco di terra potrebbe essere dato a breve. Secondo l’emittente televisiva Middle East Spectator Israele intenderebbe bombardare 24 ospedali a Gaza ed avrebbe diramato un ordine di evacuazione dei presidi. Tel Aviv non intende comunque perdere tempo e Washington si accoda inviando un cargo pieno di veicoli militari, mentre informa Ankara dell’invio di un gruppo navale nel Mediterraneo orientale per una possibile evacuazione di cittadini civili dalla zona del conflitto. Per ordine di Vladimir Putin, dopo lo schieramento delle due portaerei americane nel Mar Mediterraneo, l’aviazione russa ha iniziato il pattugliamento dello spazio aereo sul Mar Nero con MiG-31 armati con missili Kinzhal. Putin d’altronde sa bene che la crisi in Medio oriente non è altro che parte di un unico fronte con obiettivo destabilizzare e sconfiggere la Russia.
Intanto, il caos prende il sopravvento. Mohammad Bagheri, il capo di Stato maggiore dell’esercito iraniano, ha esortato tutti i Paesi della regione a impedire agli USA di inviare armi a Israele tramite le loro basi in Medio Oriente. In Tunisia è stata data alle fiamme una sinagoga, bruciata la Torah e issata la bandiera palestinese. In Irak la milizia Kata’ib Hezbollah ha dichiarato l’inizio delle operazioni di resistenza contro le basi statunitensi: “gli americano sono partners essenziali nel massacro del popolo di Gaza e devono pagarne le conseguenze”, ha sottolineato il portavoce prevedendo un aumento dei lanci di missili e droni fatti in casa contro le basi americane, nonché un aumento degli attacchi ai convogli logistici americani.
A Istanbul sono stati presi d’assalto i McDonald’s rei, secondo i manifestanti turchi, di sostenere l’Esercito israeliano dando cibo gratis ai soldati. Manifestazioni su larga scala si stanno svolgendo anche ad Algeri, Beirut, Atene e all’Aja dove per i violenti scontri sono stati arrestati diversi contestatori. Ma è negli Stati Uniti che si registrano segnali di protesta quanto inaspettati tanto veementi. Il direttore degli affari pubblici e congressuali presso l’Ufficio per gli affari politico-militari del Dipartimento di Stato americano, Josh Paul, responsabile dei trasferimenti di armi statunitensi alle nazioni straniere, si è dimesso in dissenso con la decisione dell’amministrazione Biden di inviare armi a Israele. Paul ha descritto l’assalto di Hamas contro Israele come “una mostruosità delle mostruosità”. “Ma credo, ha sottolineato il funzionario, che la risposta che Israele sta dando, e con essa il sostegno americano sia a quella risposta, sia allo status quo dell’occupazione, porterà solo a sofferenze maggiori e più profonde sia per gli israeliani che per il popolo palestinese. Decenni di questo stesso approccio hanno dimostrato che la sicurezza per la pace non porta né alla sicurezza né alla pace”. Ne sono convinti anche cinquecento ebrei statunitensi, tra cui due dozzine di rabbini, che sono stati arrestati mentre protestavano al Congresso contro la guerra d’Israele a Gaza e chiedevano un “cessate il fuoco” immediato.
Intanto a Gaza, dopo che l’esercito israeliano ha preso di mira 23 ambulanze, 14 centri sanitari hanno cessato le attività a causa di interruzioni di corrente e mancanza di carburante. Il valico di Rafah tra Egitto e Gaza aprirà soltanto domani. 27 tonnellate di aiuti umanitari inviati da Mosca sono ferme in attesa di poter fare ingresso.