di Gionata Chatillard
Piovono tegole su Imran Khan. A poco più di una settimana dalle elezioni legislative a cui non potrà partecipare, l’ex primo ministro pachistano è stato infatti condannato a un totale di 24 anni di carcere: 10 per aver divulgato documenti riservati e 14 per aver ricevuto qualche regalo di troppo nel periodo in cui era alla guida del paese. Khan, che si trovava già in un carcere di massima sicurezza, si è così visto recapitare due sentenze sfavorevoli nel giro di pochissime ore, il tutto fra ieri e oggi.
Il Movimento per la Giustizia del Pakistan, partito da lui fondato, dovrà inoltre affrontare la prossima tornata elettorale senza neanche poter usare il proprio simbolo, una mazza da cricket la cui funzione era quella di riecheggiare il glorioso passato sportivo dello stesso Khan, che di questo sport era un campione. La formazione ha inutilmente denunciato presunte irregolarità nello svolgimento dei processi, assicurando che le sentenze dei tribunali rispondono a motivazioni squisitamente politiche che avrebbero come obiettivo quello di togliere di mezzo per sempre l’ex premier e il suo partito.
I guai per l’ex stella del cricket iniziarono appena dopo la sua visita a Mosca, nel febbraio di due anni fa, proprio nelle fasi incipienti dell’intervento militare in Ucraina. Un conflitto di fronte al quale Khan decise di dichiararsi neutrale, indispettendo di conseguenza la Casa Bianca. I 10 anni di carcere relativi alla sentenza di ieri, si riferiscono infatti a un documento segreto del Dipartimento di Stato che l’ex premier decise di rendere pubblico, dal momento che dava conto di come il Governo statunitense stesse esercitando pressioni su diversi diplomatici pachistani affinché trovassero un modo per destituire l’allora primo ministro. Modo che trovarono il 10 aprile dello stesso anno, quando Khan -messo ormai all’angolo anche dall’Esercito- venne sfiduciato dal Parlamento. Da quel momento in poi, le accuse contro l’ex campione di cricket non fecero altro che crescere.
“È stato l’establishment a organizzare la nostra rimozione dal Governo su pressione degli Stati Uniti”, ha spiegato lo stesso Khan, che negli ultimi anni si è contraddistinto per la sua capacità di mobilitare i pachistani in una serie di imponenti manifestazioni di protesta. L’ex premier è più che mai convinto di aver irritato Washington non solo per la sua “volontà di portare avanti una politica estera indipendente”, ma anche per il suo rifiuto di fornire appoggi logistici -ovvero ovvero basi militari- al Pentagono. “Sono stati utilizzati tutti i mezzi per eliminarmi dal panorama politico”, ha dichiarato Khan, che la prossima settimana sarà costretto a guardare le elezioni da una cella di massima sicurezza.