di Elisa Angelone
Parallelamente allo smantellamento dei monumenti sovietici e alla de-russificazione della toponomastica, il regime di Kiev intende rimuovere un ulteriore legame con il mondo russo – quel legame, cioè, che ancora rischia di persistere attraverso i libri. E’ così, ieri, 22 giugno, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato una legge che impone “restrizioni all’importazione e alla distribuzione di prodotti editoriali” della Federazione Russa, della Repubblica di Bielorussa e di quelli che Zelensky definisce “territori temporaneamente occupati dell’Ucraina”. Questo quanto comunica il leader ucraino sul suo canale Telegram, precisando di avere inoltrato il testo alle istituzioni dell’Unione Europea affinché possano valutarlo e “stabilire se alcune disposizioni della legge violino o meno i diritti delle minoranze, in particolare quelli linguistici”. Questo perché Kiev ha ben fermo l’obiettivo di entrare a far parte della famiglia europea.
La legge in questione era stata adottata dal parlamento ucraino già la scorsa estate con lo scopo di supportare l’editoria nazionale e liberare lo spazio informativo dalla famigerata influenza russa, ma la legislazione richiedeva anche la firma presidenziale. Firma che si è fatta attendere, poiché il ministero degli Esteri ucraino aveva avvertito all’epoca che la legge in questione era in contraddizione con le norme UE sui diritti umani. Ora che Zelensky ha posto il veto alla legge, i volumi provenienti da Russia e Bielorussia sono quindi messi al bando. Per le pubblicazioni in russo importate da altri paesi, invece, la democratica Ucraina avrebbe introdotto una “procedura permissiva” che consente di verificarne il contenuto e accertare l’assenza di “propaganda filorussa”.