di Fabio Belli
Nella notte tra ieri e oggi, 12 marzo, l’esercito russo ha intercettato almeno 25 droni in sette diverse regioni della Federazione Russa. Uno è però riuscito a schiantarsi contro un impianto petrolifero nella città occidentale di Oryol. Altri velivoli senza pilota hanno preso di mira una raffineria vicino a Nizhny Novgorod a 400 km a est di Mosca.
L’attacco a Oryol, che si trova a 350 km a sud della capitale russa, non ha comunque causato vittime o feriti sebbene l’impatto abbia causato un incendio in un serbatoio di petrolio che successivamente è stato domato dai vigili del fuoco. Il Ministero della Difesa russo ha definito il raid coordinato un tentativo di “attacco terroristico” da parte di Kiev.
Nel frattempo, Reuters riferisce dell’imminente preparazione di un nuovo pacchetto statunitense del valore di 400 milioni per Kiev. Un pacchetto che, secondo il direttore della CIA, William Burns, consentirà all’Ucraina di “attaccare penetrando la Crimea”. Durante un’audizione al Senato degli Stati Uniti, il capo dell’intelligence ha anche ribadito che nuovi aiuti di Washington a Kiev potrebbero permettere un'”offensiva” alla fine del 2024 e aprire la prospettiva di negoziati. Burns ha ribadito che qualsiasi rifiuto di fornire assistenza comporterà significative perdite territoriali per Kiev in quest’anno.
Tuttavia, un apparente ritorno di fiamma per la questione ucraina potrebbero essere solo parole al vento visto che un probabile insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe cambiare le priorità.
Non a caso, il primo ministro ungherese Viktor Orban, di ritorno dagli Stati Uniti dopo aver incontrato il tycoon repubblicano, ha riferito senza mezzi termini che Trump, se sarà eletto, “non darà un centesimo all’Ucraina”.
Sul fronte NATO, il presidente rumeno Klaus Iohannis ha deciso di candidarsi alla leadership dell’alleanza andando a concorrere con il primo ministro olandese Mark Rutte.