di Elisa Angelone
L’ormai centenario Henry Kissinger torna a parlare. L’ex segretario di Stato americano, in un’intervista al quotidiano spagnolo El Mundo, prevede una nuova guerra fredda, questa volta tra Stati Uniti e Cina. Una guerra che, per Kissinger, sarebbe “molto più pericolosa della prima” perché ad oggi Washington e Pechino dispongono di risorse finanziarie immense, a differenza di quanto avveniva all’epoca in cui gli Stati Uniti si confrontavano con l’Unione Sovietica. E non si tratta solo di risorse finanziarie, bensì anche di armi e tecnologie dalla portata ben più distruttiva che mettono a rischio non solo i paesi coinvolti, ma l’intera civiltà.
Se le risorse finanziarie e militari delle due superpotenze di oggi sono paragonabili tra loro, lo stesso non si può dire riguardo ai sistemi di governo interni. Sistemi che Kissinger stesso definisce “incompatibili”. E’ interessante, da questo punto di vista, osservare come nei prossimi giorni negli USA sia in programma il Summit for Democracy (da cui Turchia e Ungheria sono state escluse) a pochi giorni di distanza dal secondo Forum internazionale sulla Democrazia svoltosi a Pechino. La dimostrazione che la cosiddetta “democrazia” è inevitabilmente concepita e interpretata diversamente dalle singole nazioni e la contrapposizione è garantita. Ma il rischio che questa possa prendere la via militare è concreto, tanto che, secondo Kissinger, Washington e Pechino avrebbero l’obbligo di evitarla.
Per l’ex funzionario americano, aspettare l’occidentalizzazione della Cina non avrebbe più senso ormai. L’Occidente dovrebbe invece tornare ad essere amico di Mosca e impedire così che l’asse sino-russo si cristallizzi. Secondo Kissinger, “alla fine bisognerà trovare un posto per l’Ucraina e un posto per la Russia, se non vogliamo che la Russia diventi un avamposto di Pechino in Europa”. Un’affermazione questa che sembra giustificare la necessità di una pace in Ucraina solo in funzione di un prossimo conflitto su un altro fronte.