di Margherita Furlan e Fabio Belli
Centinaia di manifestanti di etnia serba si sono riuniti a Zvečan, nel nord del Kosovo, per un nuovo giorno di protesta. Di fronte agli scontri e a una bandiera serba dispiegata lungo tutta la strada principale della città, il primo ministro kosovaro Albin Kurti non ha esitato a inviare la polizia e ha ordinato un ulteriore dispiegamento delle Forze di sicurezza nazionale. Il contingente KFOR ha immediatamente recintato con barriere metalliche e filo spinato diversi punti di Zvečan, tra cui l’edificio municipale. Che la situazione resti particolarmente tesa lo dimostrano le parole del presidente della Francia, Emmanuel Macron, secondo cui «le autorità kosovare hanno deciso di non rispettare l’accordo concluso e il processo lanciato sotto la mediazione dell’Ue». Secondo Macron, il Kosovo ha quindi sbagliato «a procedere a elezioni» amministrative boicottate dai cittadini di etnia serba e dai suoi storici rappresentanti politici.
“L’uccisione e la deportazione dei serbi dal Kosovo costringerà Belgrado a intraprendere un’azione decisiva”. È quanto infatti ha dichiarato il ministro della Difesa serbo, Miloš Vučević.
“L’esercito della Serbia è stato portato al massimo grado di prontezza ed è pronto a svolgere qualsiasi compito”, ha sottolineato Vučević, secondo cui la definizione delle linee rosse sarebbe stata identificata dopo la minaccia agli interessi vitali del paese.
Nel frattempo il Cremlino, tramite il portavoce Dmitry Peskov, ha espresso ufficialmente il sostegno di Mosca ai serbi del Kosovo, ritenendo che tutti i diritti e gli interessi legittimi debbano essere rispettati e garantiti. “Stiamo osservando molto attentamente come si sta sviluppando la situazione e siamo preoccupati per questo”, ha precisato Peskov.
Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha ringraziato la Federazione Russa per il sostegno e ha incontrato i rappresentanti delle ambasciate russa e cinese a Belgrado.