di Fabio Belli
Nella notte tra ieri e oggi, un drone statunitense ha colpito un’auto civile nel centro di Baghdad, uccidendo tre persone e ferendone altre due. Secondo quanto affermato dal Comando Centrale americano, l’obiettivo dell’attacco era un alto ufficiale del gruppo sciita Kataib Hezbollah. Il gruppo ha infatti confermato che uno dei suoi leader è stato ucciso.
Sebbene le carte d’identità trovate vicino al veicolo carbonizzato appartenessero agli esponenti Arkan al-Elayawi e Abu Bakir al-Saadi, i loro omicidi non sono stati ufficialmente confermati.
In seguito, a Baghdad sono iniziate manifestazioni antiamericane che hanno preso di mira il consolato con la bandiera a stelle e strisce. Successivamente, alcuni parlamentari iracheni hanno chiesto un incontro urgente con la presenza del primo ministro, Mohammad Shia al-Sudani, per discutere sull’espulsione delle forze americane dal Paese
Come risposta all’attacco made in USA, una base militare americana in Siria è stata oggetto di un offensiva con una serie di droni che ha causato ingenti danni.
La base si trova vicino al giacimento di El-Omar, nella Siria orientale dove i militari statunitensi, tra le altre cose, rubano il petrolio.
Dall’Iran il leader della rivoluzione islamica, l’Ayatollah Ali Khamenei, ribadisce che il massacro di Gaza è la tragedia del mondo musulmano e di tutta l’umanità, e dimostra che l’attuale ordine mondiale, basato sulla predominanza anglo americana, non è valido. Intanto dodici federazioni calcistiche nazionali hanno chiesto alla FIFA di vietare alle squadre israeliane la partecipazione ai tornei internazionali. Secondo quanto riporta Sky News, fra le federazioni vi sarebbero: Palestina, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi.
La politica intransigente di Tel Aviv, che ha scatenato le perplessità anche del Segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, sembra non avere più i suoi momenti di gloria.
Né è riprova l’elezione del giudice libanese Nawaf Salam a presidente della Corte Internazionale di Giustizia. Il nuovo giudice, che resterà in carica per i prossimi tre anni, presiederà il caso presentato dal Sud Africa che accusa Israele di genocidio a Gaza.
Dal 2015, Salam si è fatto notare per alcune dichiarazioni contro Tel Aviv tra cui quella in cui denunciava che per intimidire e screditare i critici di Israele essi verrebbero etichettati come antisemiti.
Un modus operandi tuttora utilizzato dai cosiddetti padroni del discorso.