di Margherita Furlan
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ritirato la propria candidatura per un secondo mandato alla Casa Bianca, appoggiando la vicepresidente Kamala Harris come sua sostituta. La scelta di supportare la propria vice anziché volti nuovi è legata anche e soprattutto alle somme già percepite per la campagna elettorale, che in tal modo non dovranno essere restituite. Dalla sua casa nel Delaware – dove è in quarantena – l’inquilino della Casa Bianca ha comunque precisato che continuerà il suo mandato fino alla naturale scadenza nel gennaio 2025. Dal canto suo, Harris ha ribadito l’impegno a unire il Partito democratico e la nazione per sconfiggere Donald Trump, che ha risposto ironicamente che vincere sarà ancora più facile. Sebbene alcuni affermino di volere primarie competitive, molti esponenti del partito – come i governatori Josh Shapiro della Pennsylvania, Roy Cooper della Carolina del Nord e Gavin Newsom della California – hanno già dato il loro supporto all’ex procuratrice. Harris è la favorita anche per Hillary e Bill Clinton, ma l’ex presidente Barack Obama e l’ex Speaker della Camera Nancy Pelosi non si sono espressi, almeno non pubblicamente.
Secondo l’istituto Fivethirtyeight, solo il 38,6% degli americani approva Harris, poco più del 38,5% ottenuto da Biden.
Quest’ultimo è il primo presidente in carica dopo Lyndon Johnson nel 1968 a ritirarsi da una possibile rielezione e quello che ha abbandonato più tardi di tutti. Ora la convention del Partito Democratico, che si terrà dal 19 al 22 agosto, dovrà scegliere chi candidare.
Politico riferisce che nessuno dello staff di Biden, né la Casa Bianca, sapeva della rinuncia del Presidente dalla corsa elettorale. L’avrebbero appreso da Twitter.
Nancy Pelosi, l’ex speaker della Camera, leader nella raccolta fondi, durante il summit NATO del 9-11 luglio, mentre Biden cercava di salvarsi con una conferenza stampa sui temi a lui più cari di sicurezza nazionale e politica estera, aveva fatto capire che la decisione di restare non era definitiva. Il denaro dei finanziatori si è prosciugato, il partito democratico rischia di perdere anche il Congresso, ultimo baluardo nel caso di una presidenza di Trump. Così Jill Biden, sulle difensive, avrebbe risposto a Pelosi che c’erano anche sondaggi a suo favore. E lei ha chiesto ai consiglieri Mike Donilon e Steve Ricchetti di spiegare i dati. L’unica strada per la vittoria attraverso alcuni Stati in bilico del Nordest era scomparsa e andava male anche in Stati come Virginia e New Mexico, dove i democratici avrebbero dovuto dominare il campo senza spendere molto. Il presidente temeva che questa settimana Pelosi avrebbe potuto rendere pubblici questi dati: «Nancy aveva chiarito che potevano farlo con le buone o con le cattive», rivela una fonte.
A quel punto, Joe e Jill Biden hanno deciso il ritiro. Ma non le dimissioni complete. Da qui a gennaio 2025 -momento dell’insediamento- Joe Biden potrebbe dunque restare in sella alla Casa Bianca.
Potrebbero essere semplici voci, seppure riferite anche dalla CNN, ma sono comunque segnali emblematici di una situazione di crisi e di vuoto di potere mai visti negli USA.
Secondo un funzionario della Casa Bianca, Michelle Obama ora opererebbe come capo di Stato maggiore ombra di Kamala Harris, in termini di allineamento dei donatori e del sostegno.
Obama vuole Michelle. Hillary spinge. Il partito ribolle. Per sedare la rissa, Jill Biden e la sua potente famiglia potrebbero decidere di lasciare la presidenza a Kamala, ma la mossa potrebbe non essere più sufficiente. “La prima e più perfetta democrazia del mondo” è divenuta una “demoplutocrazia” nascosta, pronta ad abbandonare il proprio cameriere preferito in mezzo al sangue dei contendenti per il posto vacante. Lo spettacolo è appena iniziato e domani a Washington, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non sa ancora chi incontrerà alla Casa Bianca. Secondo Politico, Netanyahu sta ritardando i negoziati anche perché scommette sull’elezione di Trump, che in passato ha definito “il miglior amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca”.
Intanto, il ministero degli Esteri tedesco ha formato un gruppo di crisi in caso di elezione di Trump, ha riferito il Financial Times. Berlino teme che la nuova amministrazione americana “rafforzi la politica economica protezionistica”.
“Onestamente, ciò che sta accadendo negli Stati Uniti negli ultimi anni ci ha insegnato a non essere sorpresi da nulla. Pertanto, non siamo rimasti molto sorpresi”, ha riferito il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha comunque ricordato la Harris per la sua costante retorica ostile verso Mosca.