di Gionata Chatillard
L’omaggio del Parlamento canadese all’ex combattente delle SS Yaroslav Hunka sembrava destinato a passare in tutta fretta in cavalleria. D’altronde, era stato solo l’ultimo di una lunga lista di flirt filo-nazisti messi in scena dal pensiero unico atlantista negli ultimi mesi. In fondo, la standing ovation tributata dalla Camera dei Comuni al veterano 98enne, riabilitato come un vero e proprio eroe di guerra, voleva essere più che altro un ossequio alla visita di Volodymyr Zelensky. Eppure, i riflettori su questo ennesimo scivolone diplomatico non si sono spenti così in fretta come speravano a Ottawa. Anzi, quanto successo alla Camera dei Comuni non solo ha scatenato le critiche di mezzo mondo, ma ha anche portato la Polonia ad alzare la posta in gioco chiedendo di poter processare in patria lo stesso Hunka.
“Alla luce degli scandalosi eventi avvenuti nel Parlamento canadese ho preso provvedimenti verso la possibile estradizione di quest’uomo”, ha spiegato il ministro dell’Istruzione del paese slavo. Un’iniziativa che forse avrebbe avuto un altro peso qualche mese addietro, quando il fronte anti-russo tendeva a mostrarsi il più compatto possibile anche a costo di mandare giù qualche boccone filo-nazista. Oggi, però, le cose sembrano essere cambiate. Soprattutto a Varsavia, con il Governo polacco che ormai non perde più occasione per marcare le distanze da quello ucraino, al quale ha anche smesso di cedere armi.
Ma le critiche a quanto successo nella Camera dei Comuni non sono arrivate solo dall’estero. Oltre a quelle di Varsavia e a quelle scontate di Mosca, che ha parlato di un “cinico abuso della memoria delle vittime del nazismo”, anche la ministra degli Esteri canadese, Mélanie Joly, ha definito “imbarazzante” lo spettacolo offerto dal Parlamento e ha chiesto esplicitamente la testa dello speaker della Camera dei Comuni, Antony Rota, che si è così visto costretto ad annunciare le proprie dimissioni dopo essere stato messo all’angolo anche da Justin Trudeau. Il primo ministro canadese ha detto di aver provato “vergogna” per quanto successo nel Parlamento. Una “vergogna” che invece non sembra aver provato quando, sotto la sua gestione, l’Esercito canadese addestrava il Battaglione Azov. O quando lui stesso definiva “nazisti” gli autotrasportatori che protestavano contro le restrizioni sanitarie. Salvo poi applaudire di persona -e in sede istituzionale- uno che la divisa da nazista se l’è messa per davvero.