di Gionata Chatillard
Con la visita dello scorso 22 maggio a Teheran, Kais Sayèd non intendeva solo rendere omaggio al presidente Ebrahim Raisi, morto 3 giorni prima in elicottero. Il capo di Stato della Tunisia voleva anche aprire un nuovo capitolo diplomatico con la Repubblica Islamica, alla quale intende avvicinarsi per poter aggirare i diktat delle potenze occidentali. La visita di Sayèd ha rappresentato in questo senso un notevole cambio di paradigma per il paese nordafricano. Per capirne l’entità, basti pensare che nessun capo di stato tunisino si era recato in Iran dal 1965.
Che Saied si stesse allontanando dall’Occidente non era certo un mistero. L’aveva fatto prima a parole, con discorsi profondamente anti-imperialisti e anti-sionisti. E poi coi fatti, quando aveva rifiutato un prestito di quasi 2 miliardi di euro per non dover sottostare al vincolo esterno del Fondo Monetario Internazionale. Una mossa che ha costretto il presidente tunisino a cercare alternative per tenere in piedi l’economia di un paese sull’orlo della bancarotta.
Saied ha bussato così alla porta dell’Arabia Saudita, che però si è rifiutata di aiutarlo proprio per la sua decisione di aver risposto picche all’FMI. Il leader tunisino si è rivolto allora al Qatar, che però ha messo sul tavolo questioni politiche, chiedendo la liberazione di diversi esponenti islamisti finiti in manette nel paese magrebino. Saied ha allora provato a chiamare gli Emirati Arabi Uniti, ma questa volta ad opporsi è stato l’alleato algerino, che non vede di buon occhio le strette relazioni fra Abu Dhabi e Rabat.
Alla fine della fiera, un nulla di fatto che ha finito per allontanare Tunisi dai paesi arabi del Golfo. Normale, quindi, cercare una nuova convergenza con l’Iran, con cui esiste un’ottima sintonia sul piano dell’anti-imperialismo. Una sintonia incarnata soprattutto dal fratello del presidente tunisino, Naoufel Saied, che oltre ad agire come consigliere dietro le quinte, ha spesso rilasciato dichiarazioni a favore della Repubblica Islamica. In piena guerra siriana, ad esempio, non esitò a dichiarare che il cosiddetto “terrorismo” non fosse altro che “un complotto di Stati Uniti e Arabia Saudita contro Siria, Russia e Iran”.
Non è infatti un caso che negli ultimi mesi Tunisi si sia avvicinata anche a Mosca e a Pechino, con una serie di accordi che sembrano segnare l’allontanamento definitivo del paese nordafricano dall’orbita occidentale. Un allontanamento che il Governo di Giorgia Meloni sta provando in qualche modo a contenere o, per lo meno, a occultare. Ciononostante, l’ipotesi che un nuovo tassello del mondo multipolare possa incastonarsi a un tiro di schioppo dalle coste siciliane è, oggi come oggi, decisamente concreta.