di Fabio Belli
L’esercito israeliano ha condotto circa 10 raid aerei per bombardare il campo profughi di Jenin in Cisgiordania.
Secondo fonti locali, l’attacco ha ucciso 8 palestinesi ferendone una trentina, dopodiché un convoglio di decine di veicoli corazzati israeliani ha circondato il campo profughi mediante un’azione armata via terra che ha coinvolto circa 150 veicoli blindati e 1.000 soldati delle forze speciali. L’accerchiamento, che ha causato danni alle infrastrutture ed ha visto anche l’interruzione forzata delle utenze domestiche, è proseguito con rastrellamenti nelle case, all’interno delle quali sono esplosi anche dei colpi di arma da fuoco che hanno causato il ferimento di civili.
Secondo la versione delle forze armate di Tel Aviv, l’obiettivo sarebbe stato un centro operativo congiunto pieno di armi ed esplosivi, che fungeva da centro di comando per un gruppo combattente denominato Brigate Jenin. Tuttavia la brutalità dell’esercito israeliano ha preso di mira anche le ambulanze e i presidi sanitari, ostacolandoli nella cura dei feriti. Il violento pogrom israeliano ha al momento causato lo sfollamento di 3.000 persone.
Intanto il mainstream continua a ripetere, in ottica russofoba, il mantra dell'”aggredito e dell’aggressore”, salvo voltarsi dall’altra parte quando i due soggetti sono palestinesi e governo israeliano.