di Fabio Belli
L’Armenia lascerà l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva guidata dalla Russia.
È quanto ha affermato in Parlamento il Primo Ministro, Nikol Pashinyan. L’Armenia aveva de facto già promesso di congelare la propria adesione, dopodiché aveva risposto alle sirene occidentali organizzando esercitazioni congiunte con le forze statunitensi e proponendosi anche come potenziale membro dell’Unione europea.
Nonostante Yerevan sia un membro fondatore dell’alleanza, costituita dal 1992 dagli altri cinque stati ex sovietici Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan, nell’ultimo anno l’Armenia ha alzato la voce accusando l’organizzazione di non riuscire a fermare le velleità del vicino Azerbaigiàn per quanto riguarda le rivendicazioni del Nagorno-Karabàkh, regione persa definitivamente nel settembre 2023.
Il premier armeno, sempre più corteggiato dall’Occidente, ha di nuovo etichettato l’organizzazione come una “bolla di alleanza” accusando alcuni dei suoi membri di “pianificare una guerra” contro la sua nazione insieme all’Azerbaigian. Il capo dell’esecutivo ha anche accusato le forze di pace russe per aver fallito la loro missione e aver scatenato l’esodo di massa dei suoi 100.000 residenti di etnia armena nella regione contesa.
Tuttavia, le esternazioni di Pashinyan sembrano non trovare tutti d’accordo nella leadership del paese visto che il ministro degli Esteri Araràt Mirzoyan, ha chiarito che il primo ministro sarebbe stato frainteso e non avrebbe parlato di un sicuro e immediato ritiro, ma che tale decisione potrebbe verificarsi in seguito.
Nel frattempo, non si placano le proteste di migliaia di armeni che contestano al governo la decisione di restituire il Nagorno-Karabakh all’acerrimo nemico azero.