di Gionata Chatillard
La Polonia è pronta a ospitare armi atomiche sul suo territorio. A dichiararlo è stato il presidente Andrzej Duda, affermando che le negoziazioni con Washington sono già in fase avanzata per far sì che Varsavia possa entrare a tutti gli effetti nel cosiddetto Nuclear Sharing, il programma della NATO che negli ultimi anni ha permesso di posizionare le testate statunitensi in Italia, Germania, Paesi Bassi, Belgio e Turchia.
Per giustificare il via libera alle armi nucleari, Duda ha citato la recente decisione della Russia di dispiegare parte del suo arsenale atomico in Bielorussia, nonché la “crescente militarizzazione” dell’exclave russo di Kaliningrad. Le osservazioni del presidente polacco non hanno però sorpreso Mosca. Il Ministero degli Esteri russo le ha catalogate sotto la voce “provocazione”, ricordando a Varsavia che le strutture che dovessero ospitare le armi nucleari statunitensi saranno immediatamente considerate dal Cremlino come “obiettivi legittimi” in caso di un conflitto militare diretto con la NATO.
L’escalation in Europa Orientale è però solo una delle tante declinazioni di quella che è ormai una tendenza generale ben consolidata. Secondo l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma, più conosciuto con l’acronimo inglese SIPRI, la spesa militare globale ha raggiunto nel 2023 un nuovo record, arrivando a circa 2.300 miliardi di euro. Si tratta di un aumento di quasi il 7% rispetto ai 12 mesi precedenti, una crescita mai vista negli ultimi 10 anni.
Protagonisti di questa tendenza sono stati soprattutto i paesi dell’Unione Europea, che hanno aumentato la spesa in armi del 20% nel giro di un anno. Una crescita simile a quella della Russia, ma decisamente più alta di quella degli Stati Uniti, che hanno fatto segnare un esiguo +2,3%. In termini assoluti, però, Washington continua ad avere il primo bilancio in Difesa al mondo, con una spesa di circa 860 miliardi di euro, corrispondenti a quasi il 40% del totale a livello mondiale. Seguono, a distanza siderale, Cina e Russia, che hanno destinato alle armi rispettivamente 278 e 102 miliardi.
Se invece si dovesse considerare l’Unione Europea come un unico blocco, allora la seconda posizione sarebbe appannaggio dei Ventisette, che nel complesso hanno portato la spesa militare a 300 miliardi, ovvero quasi la metà dei fondi destinati al Recovery Fund. Nella classifica stilata dal SIPRI, l’Italia si conferma al terzo posto fra i paesi comunitari, alle spalle di Germania e Francia. E se è vero che la regione con la spesa militare più alta in proporzione al Prodotto Interno Lordo è il Medio Oriente -con Arabia Saudita e Israele in testa-, non è del tutto inverosimile pensare che l’Unione Europea possa presto battere anche questo record, per la gioia di una classe politica che sembra ormai aver deciso di indirizzare il Vecchio Continente verso una morte non dolce, ma comunque ben assistita.