di Jeff Hoffman
A 13 anni dai bombardamenti anglo-statunitensi sulla Libia, una flotta della marina russa guidata dall’’incrociatore missilistico Varyag e della fregata Maresciallo Shaposhnikov è approdata nel porto di Tobruk, a poche miglia marine dalle basi USA e NATO in Sicilia.
A invitare la flotta russa in Libia ci ha pensato il maresciallo Khalifa Haftar che controlla la regione della Cirenaica e buona parte del paese.
“La visita rientra nei passi concreti atti a rafforzare la cooperazione tra Russia e Libia, ripristinare le relazioni amichevoli di lunga data e usufruire delle competenze russe per rafforzare la sovranità e l’indipendenza dello Stato libico e delle sue forze armate”, ha scritto l’Ufficio Stampa del generale Haftar.
Durante la riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU di ieri, 20 giugno, la Russia ha espresso rammarico per la mancanza di progressi nell’unificazione della Libia, attribuendola a conflitti di interessi privati ed esterni nonché all’inefficacia della mediazione internazionale.
“L’arrivo di navi militari russe in Libia è molto pericoloso”, ha subito sottolineato nel suo intervento l’ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite, Robert Wood.
“Avete illegalmente attaccato la Libia nel 2011 causando la distruzione e divisione del paese”, ha prontamente risposto l’ambasciatrice russa all’ONU, Anna Evstigneeva che, senza peli sulla lingua ha accusato Washington di aver continuato ad impedire la riunificazione del paese.
“Mantenere lo status quo potrebbe favorire l’attività di gruppi estremisti e terroristici nella regione del Sahel e del Sahara”, ha spiegato la diplomatica richiedendo la cessazione della fornitura di armi destabilizzanti e la fine della presenza di mercenari che, dall’inizio del conflitto nel 2011 sono continuati ad arrivare in numero sempre crescente.
Il dato di fatto è che mentre i vertici della NATO cercano la mira per colpire Mosca con ogni mezzo, la Federazione Russa porta avanti una manovra di allargamento della sua influenza economica e militare avanzando sul fronte meridionale dell’Alleanza ed espandendo il raggio d’azione nel continente africano, riportando così il Mare Nostrum al centro del discorso.
Opportunità o minaccia?