di Jeff Hoffman
Shakespeare è stato rappresentato in modo sproporzionato e ha orientato la letteratura verso narrazioni per maschi bianchi, normodotati, eterosessuali e “cisgender”. Questo il risultato di uno studio commissionato e finanziato dal governo britannico con un milione di sterline.
“La mascolinità e il nazionalismo sono stati fattori motivanti cruciali nell’ascesa di Shakespeare come arbitro della grandezza letteraria”, ha spiegato il supervisore dello studio, Andy Kesson, lasciando capire che le commedie dell’autore non erano abbastanza inclusive e attente ai migranti e alle diversità di genere.
Come se non bastasse, a conferma che al peggio non vi è mai fine, i ricercatori dell’Università di Roehampton hanno pensato bene di mettere in scena una piece teatrale di John Lyly, autore contemporaneo a William Shakespeare ma non altrettanto noto.
Stando agli emeriti ricercatori e neo commediografi inglesi, e qui viene il bello, l’opera teatrale Galatea di Lyly offrirebbe “una demografia affermativa e intersezionale senza precedenti, esplorando vite femministe, queer, transgender e migranti”, dando così l’idea che il commediografo Lyly, al contrario dell’ormai imputato di omofobia e antisemitismo William Shakeaspeare, è politicamente corretto e inclusivo.
Nel mirino della caccia alle streghe, tuttavia, non vi è soltanto Shakespeare ma un lungo elenco di scrittori classici colpevoli di avere creato stereotipi di genere e di razza che cozzano con l’assenza d’identità culturale e sessuale del nuovo mondo uccidentale.
Fra questi Geoffrey Chaucer, Charles Dickens, Jane Austen, il premio Pulitzer Colson e molti altri.
Se fosse un film si intitolerebbe “la nuova inquisizione” ma, ahinoi, si tratta delle decisioni condivise dalle maggiori università inglesi e statunitensi.
Leggi Shakespeare, diventi omofobo e poi muori, sembra asserire qualcuno dallo scranno imperiale.
C’era una volta il Vecchio Continente