di Gionata Chatillard
Dopo essere passata dal libero mercato all’economia di guerra, l’Unione Europea si sta affrettando a trasformare le infrastrutture viarie del Vecchio Continente in vista di un conflitto contro la Russia. Il Parlamento comunitario ha dato il via libera a un nuovo regolamento che prevede l’ammodernamento di autostrade, ferrovie e canali navigabili con l’obiettivo di velocizzare gli spostamenti di soldati e carri armati, agevolando così la “pianificazione della mobilità militare”.
Fra i progetti italiani che potrebbero ottenere finanziamenti ci sono le linee ad alta velocità Milano-Verona e Bologna-Foggia, oltre all’intramontabile ponte sullo Stretto di Messina, non a caso tornato prepotentemente di moda negli ultimi mesi. Parallelamente, il nuovo regolamento europeo sancisce la sospensione di tutti i progetti di cooperazione con Russia e Bielorussia in materia di trasporti. Al contrario, saranno invece consolidati i collegamenti con l’Ucraina e la Moldavia.
Ma se a Bruxelles si decide di militarizzare ferrovie e autostrade, a Washington pensano di fare altrettanto con le piattaforme petrolifere abbandonate nell’Oceano Pacifico. La Marina statunitense ha varato un piano per trasformare queste strutture galleggianti in disuso in piccoli avamposti di difesa missilistica per poter coprire le attuali lacune nei confronti della Cina.
In realtà, lo studio di architettura navale Gibbs & Cox ha dichiarato che i lavori sarebbero già iniziati, in modo che le vecchie piattaforme diventino presto strutture mobili utilizzabili anche come basi semipermanenti di rifornimento militare. Una trasformazione che secondo diversi esperti potrebbe essere molto difficile da realizzare, e che per di più costerà un occhio della testa al Pentagono. Anche se, di soldi per la guerra, a Washington sembrano sempre in grado di trovarne, come dimostra l’ultimo pacchetto da 95 miliardi di dollari in aiuti militari appena firmato da Joe Biden.