di Gionata Chatillard
Nicolás Maduro ha un piano per recuperare l’Esequibo. Il destino di questo territorio, storicamente reclamato dal Venezuela ma amministrato politicamente dalla Guyana, è stato sottoposto a referendum nei giorni scorsi dal Governo di Caracas. Sebbene l’iniziativa fosse solo di carattere consultivo, la risposta di chi si è presentato a votare è stata schiacciante. Con percentuali vicine al 100% a seconda dei quesiti proposti, i venezuelani hanno infatti sostanzialmente deciso di annettere la regione contesa. “Una spinta poderosissima”, ha festeggiato Maduro, che ha poi annunciato una “nuova tappa” nel processo di lotta che -dice- porterà a “fare giustizia” una volta per tutte.
Oltre alle recriminazioni di tipo storico, a fare gola a Caracas ci sono anche le ingenti risorse energetiche dell’Esequibo. Risorse su cui hanno già messo le mani le solite multinazionali nordamericane in collaborazione con le autorità della Guyana. E infatti, in attesa che i tribunali dell’ONU si pronuncino sulla questione, gli Stati Uniti hanno già fatto sapere che lo status quo regionale per il momento non può essere toccato. Un ennesimo motivo di attrito, quindi, fra Washington e Caracas, con Maduro che ha deciso di alzare la posta in gioco in un momento in cui la Casa Bianca aveva appena allentato la morsa delle sanzioni contro il suo Governo.
Al di là delle problematiche geopolitiche, il presidente venezuelano è comunque già riuscito a compattare la popolazione intorno a una questione capace di mettere tutti i venezuelani d’accordo. Sembra in ogni caso difficile che i cannoni inizino a sparare a breve. Anche perché un conflitto aperto non coinvolgerebbe solo Venezuela e Guyana, ma molto probabilmente anche Stati Uniti e Brasile. Le truppe di quest’ultimo paese, non a caso, si sono già mosse per rinforzare proprio quel quadrante.