di Margherita Furlan e Fabio Belli
La Corte penale internazionale dell’Aia ha emesso un mandato di arresto per crimini di guerra. Il presidente russo è accusato di avere deportato migliaia di bambini ucraini in Russia. La stessa accusa, con un secondo mandato di cattura, è stata contestata a Maria Lvova-Belova, commissario a Mosca per i diritti dei bambini. Il rapporto della commissione d’inchiesta dell’ONU accusa Mosca di aver commesso «un numero considerevole di crimini di guerra in quattro regioni ucraine». Più dettagliatamente specifica che «le situazioni esaminate riguardanti il trasferimento e la deportazione di bambini, rispettivamente all’interno dell’Ucraina e nella Federazione Russa, violano il diritto umanitario internazionale e costituiscono un crimine di guerra». Secondo quanto accertato dai giudici coordinati dall’italiano Aitala il commissario russo per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, avrebbe ordinato l’invio di adolescenti e di bambini in strutture controllate da Mosca e nel maggio 2022 Putin avrebbe firmato un decreto per snellire e rendere operative le procedure per far ottenere agli ucraini la cittadinanza russa. Secondo un rapporto pubblicato da un centro di ricerca dell’università di Yale nel febbraio 2023 e intitolato «Il sistematico programma della Russia per la rieducazione e l’adozione dei minori ucraini» «tra febbraio 2022 fino a gennaio 2023 sarebbero stati trasferiti più di 6.000 giovani di età compresa fra 4 mesi di età e 17 anni».
Gli analisti internazionali sono consapevoli che al momento è impossibile eseguire il provvedimento di cattura, ma si tratta di un atto che comunque limita i movimenti del presidente russo e inevitabilmente apre nuovi scenari nel conflitto. Sono infatti 122 i Paesi che hanno aderito alla Conferenza di Roma. E in questi d’ora innanzi non è più concesso entrare a Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa, ufficialmente in Occidente la seconda potenza mondiale e nucleare al mondo.
“Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per il nostro Paese, anche dal punto di vista legale”, ha scritto la portavoce degli Esteri russo Maria Zakharova sul suo canale Telegram che in un briefing ha ribadito: “La Russia non è parte dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale e non ha obblighi ai sensi dello stesso. Non stiamo collaborando con questo organismo e le eventuali “prescrizioni” di arresto emanate dalla Corte internazionale di giustizia sono per noi giuridicamente nulle”, ha concluso la Zakharova. Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, sulla stessa linea, ha precisato: “Consideriamo la stessa formulazione della questione oltraggiosa e inaccettabile. La Russia, così come molti altri Stati, non riconosce la giurisdizione di questo tribunale e, di conseguenza, qualsiasi decisione di questo tipo è nulla per la Russia in termini di diritto”, ha sottolineato il portavoce del Cremlino, che non ha voluto commentare oltre la faccenda.
La Corte Penale Internazionale è stata istituita dallo Statuto di Roma del 1998. Non fa parte delle Nazioni Unite ed è responsabile solo nei confronti dei paesi che hanno ratificato il documento. Tra i Paesi non firmatari la Russia, ma anche gli Stati Uniti e la Cina. Secondo il ministero degli Esteri russo, il tribunale “non è stato all’altezza delle aspettative riposte e non è diventato un organo di giustizia internazionale veramente indipendente”.
Al 31 dicembre 2020, degli oltre 148 milioni di finanziamenti ricevuti dalla Corte, oltre 100 milioni provenivano da Paesi occidentali. I primi cinque contributori sono Giappone, Francia, Germania, Regno Unito e Italia; a seguire Brasile, unico membro del BRICS, Canada, Corea del Sud, Australia e Spagna.