di Margherita Furlan ed Elisa Angelone
Con la svolta multipolare dei principali attori del Medio Oriente, Stati Uniti e Israele vedono sempre più remota la speranza di includere l’Arabia Saudita nei famosi Accordi di Abramo che avrebbero dovuto portare, nel 2020, secondo Trump, alla normalizzazione delle relazioni tra Israele, Emirati Arabi e Bahrein con la mediazione statunitense.
La ripresa delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Iran con -invece- la mediazione cinese ha dato il via a un vero e proprio rimodellamento degli equilibri in Medio Oriente, aprendo la strada a nuove intese che rischiano di portare gli attori della regione troppo lontano dall’influenza israelo-statunitense che avrebbe voluto invece compattarli in funzione anti-iraniana.
Secondo il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen un accordo di pace con l’Arabia Saudita è comunque fattibile, poiché i due paesi hanno un nemico comune, ovvero l’Iran.
Israele continua quindi a chiedere che il Regno saudita riconosca lo Stato ebraico, attraverso il premier Benjamin Netanyahu, che ieri, 17 aprile, ha incontrato a Gerusalemme il senatore statunitense Lindsey Graham. Il senatore americano avrebbe altresì espresso al principe ereditario saudita il desiderio da parte dell’amministrazione Biden di migliorare le relazioni con il Regno, non tanto per la “stabilità dell’intera regione”, quanto per ragioni indubbiamente petrolifere. Ma il tempo stringe. E’ giunta ieri la notizia secondo cui re Salman avrebbe accettato l’invito a recarsi prossimamente a Teheran da parte del presidente iraniano Raisi, mentre il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, il principe Faisal bin Farhan, ha incontrato a Damasco il presidente siriano Bashar al-Assad.
Il tutto accade “mentre la Russia, nel setacciare il mondo intero alla ricerca di acquirenti dei suoi vettori energetici, trova partner commerciali impazienti in un luogo un tempo inaspettato: negli stati ricchi di petrolio e gas del Golfo Persico”, scrive il Wall Street Journal.
Secondo i dirigenti delle compagnie petrolifere e gli analisti del settore, infatti, a causa delle sanzioni occidentali, le società statali in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti hanno approfittato di prezzi preferenziali dei prodotti russi.