di Fabio Belli
Crollano gli indici azionari di tutto il mondo a causa del rischio recessione statunitense.
Le prime aperture della giornata hanno visto le borse della regione Asia-Pacifico colare a picco.
Il TOPIX giapponese è crollato del 10,6%, il calo maggiore dal 1987, mentre l’indice Nikkei ha chiuso in ribasso del 13,4%. In calo anche la borsa taiwanese Taiex il cui indice è sceso dell’8,4%, mentre il coreano Kospi ha subito un ribasso dell’8% e, come avvenuto col Topix, ha sospeso le negoziazioni.
L’indice azionario MSCI Asia Pacific, con un calo del 4,9%, si è avvicinato alla peggiore performance mai registrata dall’annus horribilis 2020. Un quarto delle perdite dell’indice proviene da quattro società: TSMC, Samsung, Toyota e Mitsubishi UFJ Financial Group.
I migliori risultati in asia sono stati quello dell’indice indiano Nifty, meno 2%, e quello cinese CSI 300, che ha perso solo l’1%.
In uno scenario del genere in terra asiatica anche i futures del Dow Jones Industrial Average sono diminuiti dell’1,5%, mentre il Nasdaq ha registrato un -2,4%.
Il cosiddetto “indicatore della paura” di Wall Street, che misura la volatilità del mercato azionario, è salito del 115% al livello più alto degli ultimi quattro anni.
A picco anche gli indici europei e in significativo calo anche il mercato delle criptovalute con il Bitcoin sceso del 18%.
Secondo quanto riporta Bloomberg, a innescare l’effetto domino dei ribassi, sarebbe una svendita globale di azioni iniziata il 2 agosto, provocata dalla decisione della Banca Centrale del Giappone di aumentare il tasso di riferimento dallo 0/0,1% allo 0,25%, il secondo aumento del 2024.
Altre cause, secondo gli analisti, sono da ricercarsi, oltre che nei timori di recessione dell’economia statunitense, anche nelle crescenti tensioni in Medio Oriente.
Tuttavia, secondo alcuni esperti di mercato, il crollo degli indici, che ha investito principalmente i titoli tecnologici, sarà solo temporaneo con ottime opportunità di acquisto per gli investitori.
E la speculazione è servita.