di Domenico D’Amico
Quando si dice debole coi forti e forte coi deboli.
È la sintesi dell’operato del Governo Meloni sul fronte internazionale: nulla di nuovo alle latitudini italiane, ma questa prassi si è ormai fatta strategia di fondo per ottenere qualche briciola qua e là, perdendo però prestigio e peso politico.
Ne è lampante esempio l’accordo tra Roma e Tirana sui migranti salvati in mare dalle navi militari.
Mentre con gli Stati Uniti, con Israele, con Londra e anche con Bruxelles il Governo italiano dice sempre sì e sissignore, con i paesi limitrofi come Tunisia e Albania fa valere il suo ormai minimo peso specifico.
L’accordo prevede che i migranti maggiorenni, maschi e “in salute”, quelli salvati in mare direttamente da navi militari, vengano smistati in due porti albanesi, in due centri che saranno presto costruiti ad hoc e che saranno a tutti gli effetti sotto giurisdizione italiana; qui avverrà l’istruttoria per capire chi abbia o meno diritto ad avere asilo politico in Italia. Avvolte nel mistero tutte le procedure, comprese quelle di eventuale rimpatrio.
Innumerevoli le voci critiche: inevitabili quelle delle opposizioni, sia in Italia che in Albania, come anche quelle del mondo della cooperazione; ma molto critico è anche il Vaticano, con il cardinale Zuppi che vede l’intesa come un’evidente “ammissione di non essere in grado”.
“Ci si chiede” aggiunge “perché non venga sistemata meglio l’accoglienza qui”.
L’Albania ha però sicuramente chiesto qualcosa in cambio, vista anche la gratuità offerta da Tirana; e non sono un segreto le aspirazioni europeistiche albanesi.
“Questo protocollo di intesa è frutto di una lunga discussione per fare le cose bene, non è una scappatoia, lo facciamo perché ci crediamo”, ha spiegato il premier Edi Rama, mentre più esplicitamente Palazzo Chigi dichiara: “Nonostante l’Albania non sia ancora formalmente parte dell’Ue, si comporta già come uno Stato Membro. L’Italia è da sempre uno dei maggiori sostenitori dell’ingresso di Tirana nell’Unione e investe molto nel rapporto con i Balcani occidentali”.
L’accordo si inserisce in scia a tentativi simili fatti dal Regno Unito e dalla Danimarca con il Ruanda – finiti per ora in un nulla di fatto. Anche Austria e Germania hanno idee non dissimili, e probabilmente avevano anch’esse approcciato Tirana ricevendo un diniego. Una nuova moda insomma: appaltare a governi e paesi più deboli la gestione di problemi complessi, con sotteso il ricatto di benevolenza su altri dossier. L’Europa lo fa con l’Italia – accordo/ scambio del governo Renzi di accoglienza dei migranti per avere benevolenza europee sui conti pubblici – l’Italia lo fa con l’Albania, favorendone l’ingresso in Europa. Sembra quasi una partita di giro, dove a fare la parte dei numeri sono, come sempre, i più deboli.
Nessuno parla invece della questione più ovvia, che è alla base di questa enorme e tragica finzione scenica della “immigrazione clandestina”, dove tutti recitano un ruolo, incassando dividendi di vario tipo: l’ovvia e taciuta questione è quella degli accordi di reciprocità con i paesi africani; se gli italiani, e in generale gli europei, possono andare in Africa semplicemente con il passaporto, in poche ore e con un biglietto aereo di poche centinaia di euro, perché gli africani devono spendere diecimila euro, viaggiando per mesi e rischiando la vita nel deserto e nel Mediterraneo, in mano a criminali? Qual è il ricatto di fondo, in tutta questa infinita storia?