di Fabio Belli
“Mini cervelli” sviluppati in laboratorio per realizzare biocomputer ad alta potenza di calcolo.
L’obiettivo, pubblicato da alcuni scienziati sulla rivista ‘Frontiers in Science’, potrebbe aprire quella che in gergo prende il nome di intelligenza organoide, coniata con il nuovo acronimo OI. Lo scopo è quello di stabilire una forma di vero e proprio calcolo biologico in grado di sfruttare gli organoidi cerebrali, ovvero piccole strutture 3D costituite da cellule staminali progettate per imitare la forma e la capacità di apprendimento del cervello umano.
Secondo quanto affermato da John Hartung, professore di microbiologia alla John Hopkins University, rispetto ai computer tradizionali, quelli ad OI disporrebbero di una maggiore capacità di memorizzare informazioni e apprendere in modo molto più efficiente dal punto di vista energetico. Tuttavia la strada per arrivare a costruire minuscoli organoidi in grado di svolgere compiti complessi sembra essere ancora lunga visto che i cosiddetti “mini cervelli” cresciuti in laboratorio sono dotati di sole 50mila cellule, mentre per essere efficienti dovrebbero essere portati a 10 milioni di cellule. Per questo motivo, oltre a puntare ad un loro ampliamento, i ricercatori stanno cercando di farli comunicare fra loro.
Come sempre a fare da contraltare ai legittimi dubbi di natura etica vi sono le rivendicazioni degli scienziati sui presunti benefici per aiutare, ad esempio, i pazienti affetti da disturbi neurali come l’Alzheimer. Ma implementare l’OI in modo etico e socialmente responsabile, come cercano di rassicurare i ricercatori con i loro buoni propositi, sembra a tutt’oggi una chimera.