di Fabio Belli
Cina e Russia stanno aumentando la loro cooperazione nella corsa al controllo dell’Artico.
È quanto riporta il South China Morning Post, secondo il quale la prospettiva della nuova rotta marittima sarebbe dovuta anche allo scioglimento dei ghiacci artici che ridurrebbe del 30% la distanza marittima tra l’Europa e l’Asia nord-orientale, oltre a ridimensionare notevolmente i costi di trasporto.
Sempre secondo la testata di Hong Kong, Mosca, costretta dalle sanzioni occidentali a esplorare nuovi mercati per il petrolio a Oriente, potrebbe già aver testato la rotta alternativa dell’Oceano Artico per le spedizioni di greggio verso la Cina, preferendola a quella più costosa che passa attraverso il Canale di Suez.
Non a caso il presidente russo, Vladimir Putin, durante l’incontro con Xi Jinping del marzo scorso aveva considerato “promettente la cooperazione con i partner cinesi nello sviluppo del potenziale di transito della rotta marittima settentrionale”.
Ma la sinergia sino-russa nei mari artici non avverrebbe solo in ambito commerciale, ma anche in quello scientifico, visti i grandi investimenti di Pechino nella regione, e militare.
Due settori – quello scientifico e militare – che possono spesso confondersi, ne sanno qualcosa a Washington dopo la recente scoperta, da parte del ministero della Difesa russo, che il Pentagono avrebbe disseminato dei presunti laboratori di ricerca in Ucraina e in diversi stati ex sovietici confinanti con la Russia.