di Elisa Angelone
Il mondo intero ha assistito con il fiato sospeso agli eventi degli scorsi due giorni in Russia. Erano noti da tempo i dissapori tra il miliardario russo Prigozhin e i vertici della Difesa russa, accusati di incompetenza e, più recentemente, di essere responsabili della morte di alcuni miliziani del gruppo Wagner colpito in presunto un attacco missilistico dell’esercito regolare russo. Ed è proprio per vendicare i compagni morti e deporre il ministro della Difesa Sergej Shoigu e il capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov che, lo scorso venerdì 23 giugno, Evgeny Prigozhin si sarebbe messo in testa alla cosiddetta “marcia della giustizia” che, nel giro di una giornata, avrebbe occupato la città di Rostov sul Don, dove ha sede il distretto militare meridionale, per poi proseguire alla volta di Mosca. Numerosi gli appelli delle autorità russe a fermarsi per evitare il peggio, in primis l’appello di Vladimir Putin che ha parlato di “tradimento”.
Nella serata di sabato 24 giugno è arrivato l’annuncio di un accordo mediato dal presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko. “Finora non abbiamo versato una sola goccia di sangue dei nostri combattenti. Ora è arrivato il momento in cui ciò potrebbe accadere, quindi, consapevoli della responsabilità che potrebbe essere versato sangue russo da una delle parti, rientriamo alle nostre postazioni”: questo quanto dichiarato da Prigozhin che, in base al compromesso trovato, andrà ora in esilio in Bielorussia, con gran timore di Kiev e Varsavia, che avranno il capo della Wagner più vicino che mai ai propri confini. Quale sarà il suo esatto destino resta tuttavia ignoto. L’accordo prevede anche l’integrazione nell’esercito russo dei miliziani della Wagner che non hanno partecipato alla marcia, mentre gli altri non saranno comunque perseguiti, per rispetto dei loro successi sul campo di battaglia in Ucraina. Il licenziamento di Shoigu e Gerasimov, protagonisti indiretti della vicenda, non pare essere, almeno per ora, all’ordine del giorno. Non risulta ancora archiviato il procedimento penale contro Prigozhin, ma già oggi è stato revocato il regime antiterrorismo introdotto nelle regioni russe interessate nelle scorse 48 ore. Sarebbe ora al vaglio alla Duma una legge per regolamentare il gruppo mercenario. L’intenzione, riferisce Andrei Kartapolov, a capo della Commissione Difesa del Duma, non sarebbe comunque quella di sciogliere il gruppo Wagner, essendo “la migliore unità del Paese pronta al combattimento”. Intanto l’OMS in Ucraina, fa sapere il Cremlino, proseguirà come da piani.
Un tentativo di rivolta rapido ma non proprio indolore, quello di Prigozhin, dal momento che una decina di aviatori russi sarebbero rimasti uccisi in un attacco del gruppo Wagner durante la marcia. L’immagine che ne esce della Russia è ambivalente: la stampa occidentale vede crepe nella leadership di Putin, una Russia indebolita dalle divisioni interne; diversi analisti invece ritengono che la gestione della rivolta abbia rafforzato ulteriormente il consenso -anche internazionale- intorno al capo del Cremlino.