di Margherita Furlan e Fabio Belli
Il presidente della Repubblica del Nagorno-Karabakh, Samvel Shahramanyan, ha firmato un decreto con cui mette fine all’esistenza dello Stato.
Secondo lo storico provvedimento, la Repubblica di Artsakh, così come tutte le istituzioni e organizzazioni statali, cesserà di esistere il 1° gennaio 2024. Trent’anni di storia sono stati così di colpo cancellati con un’operazione lampo militare. Un tribunale azero ha ordinato l’arresto dell’ex premier separatista Ruben Vardanyan, accusandolo di “finanziamento del terrorismo”, “creazione di gruppi o gruppi armati illegali” e “attraversamento illegale del confine”.
La popolazione del Karabakh, compresa quella al di fuori dei suoi confini, è stata invitata a conoscere le condizioni di reintegrazione da parte dell’Azerbaigian per decidere se restare nel territorio del Karabakh o ritornarvi. Baku, almeno a parole, ha promesso il libero passaggio ai residenti, compreso il personale militare che aveva deposto le armi, lungo il corridoio Lachin. Alle ore 14 di oggi, secondo le autorità armene, a essere fuggite erano oltre 70mila persone, più della metà della popolazione totale (circa 120mila).
Della decisione ha preso atto anche Mosca. Il portavoce presidenziale, Dmitry Peskov, ha affermato che il Cremlino tiene in considerazione e monitora da vicino la situazione focalizzandosi sull’aspetto umanitario e puntualizzando come le forze di pace continuino ad assistere le persone della regione. La Russia ha così perso (o forse è meglio dire abbandonato) l’Armenia, ma ha guadagnato punti con Azerbaigian e Turchia e riuscirà a mantenere le sue forze di pace sul terreno. L’Iran, invece, che ha interesse sia a mantenere lo status quo sia a preservare la propria influenza nel Caucaso meridionale, ha motivo di preoccuparsi per la crescente influenza geopolitica dell’Azerbaigian e della Turchia nei Paesi vicini. Lunedì Aliyev, presidente dell’Azerbaijan, ha ospitato il suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan: i due leader hanno celebrato la vittoria dell’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh e hanno aperto i lavori per un nuovo gasdotto dalla Turchia, mentre fervono i lavori per la creazione del corridoio Zangezur, una via di trasporto che collegherebbe Nakhchivan e l’Azerbaigian continentale attraverso la provincia di Syunik ma senza posti di blocco armeni. Il corridoio non solo collegherebbe la Turchia e l’Azerbaigian tra loro, ma creerebbe anche una nuova rotta commerciale strategica tra Europa, Medio Oriente, Asia centrale e Cina.
Al primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, non resta altro che, guardando a Occidente, approvare la ratifica dello Statuto di Roma in cui riconosce la Corte Penale Internazionale.