di Fabio Belli
Un pacchetto quinquennale di aiuti militari da 100 miliardi di dollari per sostenere l’Ucraina.
È quanto propone il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg. La proposta è stata illustrata ieri, 3 aprile, a Bruxelles durante un incontro con i ministri degli Esteri dell’Alleanza dei 32 paesi membri. Paesi che finora gestivano da soli le forniture di armi a Kiev con il timore che un coordinamento della NATO potesse costituire una linea rossa.
Nel frattempo, molte di queste linee, con un modus operandi tipico della “finestra di Overton”, sono state violate. Pertanto, il “coming out” di Stoltenberg rompe gli indugi, e lo fa in un momento in cui Kiev, oltre a fare la pittima con l’Occidente chiedendo armi un giorno sì e l’altro pure, ammette di non essere equipaggiata a sufficienza per reggere al braccio di ferro con Mosca.
Non è un segreto che la corsa contro il tempo per le forniture a Kiev, avviene anche in considerazione del fatto che, in caso di insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, i rubinetti per l’Ucraina potrebbero chiudersi definitivamente, con buona pace dei 60 miliardi che gli Stati Uniti promettono da più di un anno e che ancora non riescono a sbloccare.
La mossa del segretario della NATO, almeno nelle intenzioni, si propone di aggirare questo tipo di problemi, ma potrebbe incontrare resistenze all’interno degli Stati membri, per esempio l’Ungheria, capofila di quei governi euroscettici e “NATOscettici” che, a seguito delle elezioni europee, potrebbero persino incrementare il dissenso popolare per contrastare gli ultimi rigurgiti dell’Impero di Ponente. Fa eccezione la Polonia, che propone di aumentare la spesa per la difesa dal 2% al 3% del PIL.