di Fabio Belli
“La transizione dal governo militare a quello civile in Niger si concluderà entro tre anni”. È quanto ha affermato il generale leader della giunta nigerina, Abdourahmane Tchiani, che si è impegnato a rendere noto il piano entro un mese. Nella dichiarazione il generale ha ribadito che i militari non hanno ambizioni di mantenere il potere e che il nuovo governo militare sarebbe pronto a qualsiasi negoziato a condizione che si tenga conto degli interessi del popolo. Tchiani ha anche definito illegali e disumane le sanzioni contro il Niger, volte a umiliare e piegare il popolo al fine di destabilizzare il Paese.
Le dichiarazioni non sono tuttavia piaciute all’ECOWAS, che ha definito la prospettiva come inaccettabile. Secondo la comunità filo occidentale si tratterebbe di una drastica chiusura a quei negoziati che prevedono come condizione necessaria il rilascio del presidente deposto Mohamed Bazoum. Una condizione rifiutata dalla giunta militare.
Nel frattempo, mentre più di 50.000 cittadini si sarebbero arruolati nella Milizia Popolare del Niger, Burkina Faso e Mali starebbero sostenendo Niamey anche con aiuti alimentari.
Di fronte a tutto ciò l’Occidente si limita ad osservare, ripetendo la solita retorica della crisi umanitaria. Dopo le sanzioni imposte, sotto dettatura occidentale, dall’ECOWAS, tra cui anche quella dell’interruzione dell’elettricità, l’UNICEF ha reso noto che due milioni di bambini avrebbero un disperato bisogno di assistenza, ammettendo tuttavia che il problema vi fosse ben prima del colpo di stato dello scorso 26 luglio.