di Gionata Chatillard
Non è del tutto chiaro il motivo per cui l’Ungheria di Viktor Orbán riesca continuamente a scostarsi dai diktat emanati da Washington e Bruxelles. Fatto sta che il presidente magiaro si è dimostrato negli ultimi anni un abile negoziatore, capace di ottenere per il suo paese sconti ed esenzioni che altri non si sognano nemmeno di reclamare. Dalla questione LGBT all’immigrazione passando per la politica internazionale, non c’è praticamente dossier su cui Budapest non si sia messa di traverso, mantenendo una posizione controcorrente fino ad ottenere una qualche concessione.
L’ultimo risultato portato a casa da Orbán -che negli ultimi anni ha continuato a fare affari con Russia e Cina come se niente fosse- è stato proprio quello di rimanere fuori dal conflitto con Mosca. Un risultato che il presidente magiaro ha ottenuto rifiutandosi di sostenere la candidatura dell’olandese Mark Rutte alla carica di segretario generale della NATO. Per sbloccare la situazione, il Patto Atlantico si è così visto costretto a garantire non solo che nessun soldato ungherese prenderà parte alle iniziative militari del blocco occidentale in Ucraina, ma anche che Budapest non dovrà sborsare un solo euro per tali operazioni.
Il modus operandi di Orbán ricorda in questo senso quello della Turchia, altro paese della NATO che gioca a fare il discolo per ottenere concessioni di vario tipo. Un paragone che però sta in piedi solo fino a un certo punto. Non solo perché la Turchia è un paese con coordinate socio-culturali ben diverse da quelle della maggior parte dei paesi europei, ma anche perché Ankara ha un’ambizione, una demografia e una forza militare di tutt’altro ordine. Il che rende ancora più stupefacenti i successi diplomatici ottenuti dalla piccola Ungheria di Orbán. Successi che vengono apprezzati dai sovranisti di mezza Europa, in un momento in cui questa corrente politica sta guadagnando sempre più consenso nelle urne.
Proprio per questo, il presidente magiaro ha pensato che è giunto il momento di capitalizzare ulteriormente i risultati ottenuti, presentandosi ai Ventisette come un leader capace di rilanciare un Vecchio Continente che Francia e Germania sembrano ormai aver totalmente svenduto agli interessi delle potenze anglo-americane. La nuova iniziativa di Orbán, lanciata in concomitanza con l’approdo di Budapest alla Presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea, è stata emblematicamente battezzata con il nome di Make Europe Great Again, MEGA nella sua sigla inglese. Uno slogan che ricalca quello utilizzato da Donald Trump negli Stati Uniti, segnalando in questo modo una comunione di intenti fra il capo di Stato ungherese e l’ex presidente statunitense, 2 leader che hanno molto in comune e che si intendono anche sulla questione israelo-palestinese, essendo entrambi fervidi sostenitori di Benjamin Netanyahu.21