di Gionata Chatillard
Viktor Orbán ha spiazzato tutti di nuovo, recandosi a sorpresa a Mosca per andare a parlare faccia a faccia con Vladimir Putin, ovvero con colui che per l’Unione Europea è ormai una specie di mostro assetato di sangue. Lo scopo della visita di oggi, ha dichiarato il primo ministro magiaro, è quello di proseguire la sua “missione di pace” dopo il viaggio realizzato martedì scorso a Kiev, dove si era incontrato con Volodymyr Zelensky.
Escludendo i funerali di Mikhail Gorbaciov, a cui partecipò lo stesso Orbán nel settembre del 2022, l’ultima volta che un leader occidentale aveva messo piede a Mosca risale all’aprile di 2 anni fa, quando fu il cancelliere austriaco Karl Nehammer a causare scalpore andando a parlare direttamente con Putin. Questa volta, però, ad aggiungere ulteriore legna al fuoco è la posizione occupata in questo momento dal premier ungherese, che solo 4 giorni fa ha preso in mano le redini della Presidenza di turno dell’Unione Europea.
“Venire incontro a Putin non servirà a fermarlo”, ha subito tuonato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, mentre il suo scudiero Josep Borrell ha sottolineato come Orbán non abbia ricevuto nessun mandato per rappresentare la posizione dei Ventisette di fronte a Mosca. Parole dure sono arrivate anche dalla Finlandia, che ha accusato il premier magiaro di “disprezzare” i suoi doveri “minando gli interessi” dell’Unione Europea. “Orbán? Che faccia pure quello che vuole”, ha invece dichiarato Antonio Tajani, sottolineando però che Bruxelles non ha nessuna intenzione di firmare una resa di fronte al Cremlino, dal momento che la proposta di pace di Putin, secondo il ministro degli Esteri italiano, altro non sarebbe se non una “farsa”.
Di fronte alle pesanti critiche, a cui peraltro è abituato, il leader ungherese ha voluto specificare che non si è recato a Mosca per parlare a nome dell’Unione Europea, ma che lo scopo del viaggio rimane comunque quello di lavorare per arrivare ai negoziati di pace fra Russia e Ucraina. Anche se “purtroppo”, ha aggiunto Orbán, “siamo ancora lontani da quel punto”.
Durante l’incontro al Cremlino, Putin ha definito il suo interlocutore come un “partner di vecchia data”. “Sono felicissimo di vederlo, perché abbiamo molto di cui parlare”, ha commentato il presidente russo, che in conferenza stampa ha dichiarato che Zelensky non intenderebbe porre fine alle ostilità perché altrimenti gli mancherebbe il pretesto per estendere la legge marziale che lo mantiene ancora in sella, nonostante il suo mandato elettorale sia già scaduto. Da parte sua, Orbán ha affermato che con il dialogo di oggi è stato fatto “il passo più importante”, quello di stabilire un contatto. Il leader magiaro ha poi sottolineato come si sia ormai drasticamente ridotto il numero di paesi in grado di poter dialogare sia con Kiev che con Mosca. “Sembra che presto rimarrà solo l’Ungheria”, ha sentenziato il premier magiaro, rivendicando così con orgoglio la sua posizione di pecora nera all’interno dello schieramento occidentale.
Una posizione che non sembra essersi annacquata da quando Budapest ha assunto la Presidenza dell’Unione Europea. Anzi, Orbán ha inaugurato il suo semestre col botto, confermando di essere un vulcano di sorprese. O forse no, dal momento che, a ben guardare, di sorprendente nel suo atteggiamento c’è ben poco. Il premier ungherese sembra infatti semplicemente tener fede alla sua visione politica, dimostrando che a dettare la linea, a volte, non sono le poltrone che si occupano, ma chi ci sta seduto.